FACCIAMO IL PUNTO SUL TELELAVORO NEL 2001

Questa FAQ riporta le domande  generali più frequenti sul telelavoro.

 


1) Quanti sono in Italia i telelavoratori?

Non e' facile quantificare il numero dei telelavoratori in una nazione, in quanto dipende da chi si considera "telelavoratore". Alcuni esperti affermano che bisogna lavorare "per la maggior parte del tempo" da casa, altri che basta lavorare "almeno 8 ore a settimana fuori dell'ufficio" (e quindi non necessariamente da casa ma anche, ad esempio, presso la sede di un cliente o quando si e' in viaggio). Altri ancora tengono conto dell'esistenza di un apposito contratto che citi il telelavoro. I numeri, quindi, possono variare molto in considerazione della definizione adottata.

A mio avviso e' bene distinguere i "telelavoratori" , termine con il quale io considero un occupato, dipendente o lavoratore autonomo, che lavora fuori dall’ufficio tradizionale (a casa, da un telecentro, da un ufficio remoto) per almeno un giorno a settimana utilizzando le tecnologie ICT per rimanere in contatto con l’azienda, dai "telelavoratori occasionali" persone che telelavorano saltuariamente, mediamente per meno di un giorno a settimana e sono spesso senza specifici contratti che definiscono il loro status.

In tal senso la stima piu' attendibile e' senza dubbio quella elaborata nel 1999 dal progetto ECATT dell'Unione Europea, che ha svolto migliaia di interviste a lavoratori e datori di lavoro e, adottando le definizioni viste sopra, è giunto alla conclusione che in Italia esistevano alla data della ricerca 584.000 telelavoratori e 135.000 telelavoratori occasionali.

2) Perché si sceglie di "telelavorare"?

Se si e' lavoratori dipendenti o "para-dipendenti" la molla principale, almeno all'inizio, e' la distanza dal luogo di lavoro o condizioni famigliari che rendono difficile assentarsi per molte ore da casa. Poi subentra una forte gratificazione per l'autonomia che il telelavoro rende possibile, ad esempio in termini di flessibilità nella gestione del tempo di lavoro.

I lavoratori autonomi, invece, trovano nel telelavoro un modo non solo di conciliare lavoro e vita, ma anche un efficace sistema per ridurre i costi, ad esempio attrezzando ad ufficio una stanza dell'appartamento, per espandere la loro sfera di operatività geografica, per tenere meglio i contatti con i clienti.

3) Quali sono le professioni-tipo dei telelavoratori?

Tutte quelle che non richiedono la manipolazione di beni fisici, si svolgono o possono svolgersi con l'ausilio di un computer e per i quali non e' utile una presenza continuativa in ufficio. La lista e' quindi lunghissima traduttori, addetti all'inserimento dati, programmatori, addetti ai call center, venditori e rappresentanti che visitano i clienti, impiegati che trattano pratiche burocratiche. Ci sono poi tutte le professioni legate al Web e a Internet in questi casi spesso il telelavoro e' l'unico modo di lavorare.

Anche il lavoro che stiate facendo ora (leggere una FAQ sul telelavoro) e' un lavoro a distanza.

4) Il telelavoro è in aumento? Si possono creare, così, nuovi posti di lavoro?

Si, e' in aumento. Nel 1994 in Italia i telelavoratori erano 97.000, nel 1999 720.000, oggi superano il milione.

Sulla questione occupazionale la risposta e' piu' articolata. Il telelavoro puo' creare nuovi posti di lavoro grazie alla flessibilizzazione dei tempi, e probabilmente lo ha fatto nel settore delle Tecnologie dell'Informazione. Ma esso si e' caratterizzato sinora più come un meccanismo di sostituzione di lavoro tradizionale, svolto tra le pareti dell'ufficio, con lavoro remotizzato a domicilio. Si tratta di un processo che le aziende applicano ai dipendenti esistenti, già in forza nelle unità produttive. Ciò significa, in estrema sintesi, che la potenzialità del telelavoro di creare nuova occupazione non si sta dispiegando. Lo dimostrano la gran parte dei contratti aziendali di telelavoro stipulati in Europa, che si riferiscono quasi sempre a lavoratori interni e non a nuovi assunti.

Le aziende sembrano restie ad assumere, se non per periodi determinati, personale direttamente in telelavoro. Ciò avviene in quanto le aziende, in assenza di normative e standard specifici, non dispongono, nelle loro normali prassi lavorative, di strumenti di verifica del lavoro svolto, né esistono sistemi di garanzia e di screening che attestino in maniera inequivocabile le abilità dei telelavoratori e mettano al riparo i datori di lavoro da eventuali errori nella scelta e selezione dei potenziali assunti in telelavoro.

Vorrei comonque aggiungere un'ulteriore considerazione sul tema dell'occupazione. Dal Settecento in poi tutte le innovazioni tecnologiche hanno all'inizio fatto risparmiare lavori tradizionali e solo in seguito creato nuove figure professionali e nuove opportunita' d'impiego.

La grande innovazione cui ci troviamo ora di fronte è la nascita di mestieri che possono essere svolti soltanto a distanza. Questo implica e stimola la nascita di nuovi servizi e nuove occasioni di lavoro. Nessuno può però garantire che questi nuovi lavori saranno appannaggio di una nazione anzichè dell’altra. Un esempio la costruzione della Società dell’Informazione in Europa richiede una produzione crescente di software per l’ufficio o per controllare i processi industriali. Ma tutte le maggiori aziende del settore dispongono oggi di centri di sviluppo a Bangalore. Ciò significa che posti di lavoro che potevano nascere in Italia o in Germania sono stati invece creati in India. Questo è avvenuto non solo perchè lì il costo della manodopera è più basso il motivo principale è che a Bangalore ingegneri e matematici locali sviluppano, con estrema rapidità, il software più affidabile del mondo. Ed è soltanto un esempio molti nuovi lavori potranno essere svolti ovunque, facendosi beffe dei confini e delle regole dei singoli Paesi.

Sino ad alcuni anni fa, quando un’azienda italiana investiva del proprio denaro in un nuovo progetto o in un nuovo business, questa azione generava posti di lavoro locali. Ora non è più così, o almeno non lo è in maniera automatica. Il lavoro può nascere ovunque vi siano le competenze migliori. Un esempio di questo è dato dai call centers per le prenotazioni alberghiere anzichè averne uno in ogni paese, le grandi catene preferiscono centralizzare il servizio nella nazione più adatta e di lì fornire il servizio a continenti interi. Magari utilizzando le detenute di un carcere federale, come fa una grande catena alberghiera negli Stati Uniti. Questo processo, di globalizzazione del mercato del lavoro, avanza contemporaneamente in tutto il mondo un italiano può perdere il suo impiego perchè un indiano ne ottiene uno, ma un altro italiano può trovare un lavoro invece di un tedesco o un giapponese.

La sfida della job creation è quindi globale e anche la "caccia" al lavoro lo diventa. Non basta più essere ottimi professionisti bisogna anche saper comunicare in lingue diverse, utilizzando le tecnologie più appropiate.

 

5) A che punto è la legge in materia di telelavoro?

Bisogna distinguere tra settore pubblico e privato. Nel primo il telelavoro e' stato regolamentato a partire dalla Legge 16 giugno 1998, n. 191 (la cosidetta "Bassanini ter") ed e' oggi possibile telelavorare in qualsiasi ufficio pubblico, a patto che la dirigenza consideri il telelavoro congeniale all'organizzazione dell'Ente e quindi predisponga un apposito progetto. Per facilitare il decollo del telelavoro la Scuola Superiore della P.A., gia' da un paio di anni, svolge appositi corsi di formazione al telelavoro per funzionari e dirigenti dei Ministeri.

Per il settore privato, invece, ci troviamo in una situazione kafkiana, al limite del ridicolo. Nella passata legislatura sono stati presentate, sia alla Camera che al Senato, varie proposte di legge, poi unificate, grazie al lavoro del Sen. De Luca, nella proposta 2305u. Tale proposta, che aveva richiamato l'attenzione di tutta l'Europa per la sua innovativita', fu approvata in Commissione Lavoro del senato il 22 giugno 1999 e, a termini di regolamento, doveva passare in aula per la votazione. Ma non ci e' mai arrivata si e' fermata in qualche cassetto. Poi la legislatura e' finita e, come noto, tutte le proposte decadono....

6) Vantaggi e svantaggi del telelavoro 

I principali vantaggi per il lavoratore sono

- Diminuzione del tempo dedicato agli spostamenti inutili per raggiungere l'ufficio

- Possibilita' di lavorare in maniera flessibile, secondo le proprie disponibilità temporali (e, perche' no, secondo i propri bioritmi chi ha detto che tutti lavoriamo al meglio dalle 9 alle 17?)

- Aumento del tempo libero, come conseguenza della riduzione dei tempi di trasporto

- Essere controllato, nel lavoro, per obiettivi anziche' per il tempo passato in ufficio

I possibili svantaggi sono

- Per i lavoratori dipendenti essere lontani dall'ufficio, specialmente se si lavora in un'azienda tradizionale, puo' portare una minore visibilità e quindi meno occasioni di carriera.

- Lavorare spesso da casa puo' portare a un maggiore isolamento, a causa della riduzione della vita relazionale esterna. Per cui e' bene tornare di tanto in tanto in ufficio, e coltivare amicizie extra-lavorative.

- Alcuni, poi, per dimostrare che "meritano il telelavoro", cadono nella cosidetta "sindrome del Workhaolic" si inizia a lavorare sempre di piu' e si trascurano gli altri aspetti della vita. Per evitare questa conseguenza negativa, pero', basta ricreare anche a casa una distinzione spaziale tra lavoro e non lavoro (ad esempio tenendo il computer in una stanza dedicata, che a fine lavoro si puo' chiudere).

 

6) Non c'è il rischio che il telelavoratore in casa, soprattutto se ha famiglia, e magari è una donna, non riesca a ritagliarsi gli spazi di cui ha bisogno?

Il rischio, ovviamente, e' sempre presente. Le donne devono evitare soprattutto quello che io chiamo "autosfruttamento" e' bene pensare di telelavorare da casa per curare meglio i propri familiari, ma non per licenziare la baby-sitter questo doppio lavoro potrebbe diventare una trappola dalla quale è difficile uscire. Anche le aziende conoscono la pericolosità di tali comportamenti ad esempio Telecom Italia, in un libretto distribuito ai propri dipendenti, avverte "Telelavorare (...) significa più autonomia, ma sicuramente più responsabilità; meno tempo sprecato nel traffico, ma anche la ricerca (non sempre semplice) di un equilibrio fisico e psicologico tra vita domestica e attività professionale..... Il telelavoratore non potrà prendere impegni di carattere domestico o familiare durante le ore in cui è in servizio solo perchè <tanto sta a casa>".

Ma la mia esperienza dice che la stragrande maggioranza dei telelavoratori riescono ad amministrare bene il proprio tempo, specialmente quella parte che si libera evitando gli spostamenti.

7) Può elencare una serie di categorie di persone per le quali il telelavoro si propone come una valida alternativa, spiegandone i motivi? (es. disabili, mamme....)

Credo che il telelavoro sia adatto, piu' che a categorie specifiche, a tutti coloro che hanno la necessita' di far combaciare meglio i propri tempi di lavoro con altri interessi. E' evidente che in tale categoria rientrano un po' tutti, e chi ha figli piccoli in particolare. Il telelavoro e' anche particolarmente adatto a coloro che, afflitti da disabilità congenite, ovvero acquisite o progressive, si trovano in estrema difficoltà non tanto nello svolgere un lavoro, quanto nel recarsi in ufficio per farlo. I computer sono oggi discretamente user-friendly anche per un disabile e, ad esempio, un non vedente, usando la sintesi vocale e le tastiere braille e' perfettamente in grado di leggere quanto appare sullo schermo e scrivere note, appunti, libri interi. A queste categorie il telelavoro apre un nuovo mondo di opportunità in rete si vedono le abilita' delle persone, non le loro disabilita'.

8) Questa domanda completa la precedente: può indicare a quali persone il telelavoro non è consigliato e perché? 

La mia esperienza di ricerca suggerisce che le aziende debbano considerare 4 aspetti principali quando decidono di adottare il telelavoro e nella scelta dei telelavoratori

1) l'insieme dei compiti dei telelavoratori. Non vi sarebbe nulla di piu' disastroso che permettere di telelavorare ad alcuni senza poi dargli la concreta possibilita' di svolgere i compiti assegnati;

2) Il contesto organizzativo. Ad esempio, sarebbe insensato introdurre il telelavoro su base generale in una organizzazione che non ha ancora implementato la connessione in rete (e-mail, discussioni on line, bacheche on line, ecc.) in modo soddisfacente, o in una organizzazione dove l'approccio della dirigenza è burocratico e fortemente gerarchico. Il telelavoro funziona meglio dove esiste una efficace connessione in rete, dove gli impiegati sono stimolati ad agire e pensare da soli, dove la dirigenza è interessata ai risultati e non alla presenza.

3) L'ambiente domestico (casa e famiglia). E' difficile telelavorare in modo efficace se il compito richiede grande concentrazione mentre l'ambiente domestico è un piccolo appartamento, con figli vivaci, muri sottili e vicini rumorosi.

4) La personalità, l'esperienza e le preferenze dell'individuo. Ad esempio un giovane scapolo può preferire andare a lavorare in un ufficio rumoroso nel centro della citta', ove avra' molte opportunità per socializzare e creare nuovi contatti, piuttosto che lavorare a casa in una periferia tranquilla. Una persona più matura con un felice rapporto familiare al contrario può preferire lavorare a casa ed essere disponibile sul posto per attività sociali a cui dedicarsi durante la prima parte della serata piuttosto che fare ancora il pendolare.

Cio' detto, va ricordato che in tutto il mondo il telelavoro e' volontario e reversibile. Quindi chi telelavora ha scelto liberamente di farlo e puo' smettere quando si accorge che non va piu' bene per lui o lei.


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© 2001 Patrizio Di Nicola, Roma, Italia

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