Costruire la società europea dell’informazione per tutti noi

Relazione politica finale

del gruppo di esperti di alto livello

 

Aprile 1997

 

 

 

Il gruppo di esperti di alto livello (GEAL) è composto da:

Hans Blankert, Presidente, Confederazione degli Industriali e degli Imprenditori dei Paesi Bassi (VNO-NCW), l’Aia, Paesi Bassi

Gerhard Bosch, Professore, Capo del Dipartimento "Mercato del lavoro", Institut Arbeit und Technik, Gelsenkirchen, Germania

Manuel Castells, Professore di ricerca, Consejo Superior de Investigaciones Cientificas, Barcellona, Spagna

Liam Connellan, ex Direttore generale della Confindustria irlandese, Dublino, Irlanda

Birgitta Carlson, Consigliere superiore, Telia AB, Farsa, Svezia*

Ursula Engelen-Kefer, Vicepresidente, Deutscher Gewerkschaftsbund (DGB), Düsseldorf, Germania

Chris Freeman, Professore emerito, Science Policy Research Unit, University of Sussex, Regno Unito

Lisbeth Knudsen, Editore capo, Det Fri Aktuelt, Copenhagen, Danimarca

Yves Lasfargue, Direttore, Centre d’Etude et de Formation pour l’Accompagnement des Changements (CREFAC), Parigi, Francia

Isabelle Paillart, Professore, Institut de la Communication et des Médias, Università Stendhal, Grenoble, Francia

Armando Rocha Trindade, Presidente, Universidade Aberta, Lisbona, Portogallo

Jorma Rantanen, Direttore, Istituto finlandese per l’igiene del lavoro, Helsinki, Finlandia

Luc Soete (presidente), Professore, Direttore, Unità di ricerca economica su innovazione e tecnologia di Maastricht (MERIT), Università di Maastricht, Paesi Bassi

Pier Verderio, Direttore, Relazioni internazionali e formazione, Federazione Informazione e Spettacolo - Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori (FIS-CISL), Italia

* La Signora Carlson è deceduta il 17 febbraio 1997, due giorni dopo la riunione finale del Gruppo.

 

 

 

 

 

Ringraziamenti

Sebbene la presente relazione sia stata elaborata sotto l’unica responsabilità del GEAL e registri il pieno consenso dei suoi membri, desideriamo esprimere il nostro ringraziamento al personale della Commissione per il suo sostegno, in particolare alla DG V.B (Werner Herrmann, Ken Ducatel e Juliet Webster) per i consigli e i commenti formulati a proposito delle precedenti redazioni. Ringraziamo inoltre per il sostegno amministrativo Jeannette Cloostermans (DG V).Particolarmente preziosa è stata anche la disponibilità e l’assistenza di Karin Kamp (MERIT) nella preparazione della presente relazione.

Ci sono state inoltre di aiuto le numerose risposte ricevute a seguito della relazione intermedia pubblicata l’anno scorso e le relazioni analitiche di sostegno commissionate, discusse e presentate in numerosi workshop nel corso del 1996. Esse verranno pubblicate separatamente in una data successiva entro il 1997.

Oltre che per i commenti e le risposte individuali pervenutici, ringraziamo anche per i commenti formali fattici pervenire dalle seguenti organizzazioni e che sono stati particolarmente utili ai fini delle nostre discussioni e deliberazioni.

Organizzazioni governative

Ministero del lavoro, Danimarca
Rappresentanza permanente presso l’Unione europea, Regno Unito
Partecipanti ad una riunione di rappresentanti degli Stati membri tenutasi a Bruxelles nel maggior 1996

Organizzazioni sindacali

Eurocadres, Council of European Professional and Managerial Staff, Belgio
Eurofiet, European Regional Organisation of the International Federation of Commercial, Clerical, Professional and Technical Employees, Belgio
Manufacturing Science Finance, Regno Unito
Partecipanti ad una riunione di rappresentanti dei sindacati tenutasi a Bruxelles nel giugno 1996

Imprese e organizzazioni commerciali

Digital Equipment Corporation, European Software Centre, Irlanda
Global Highways Business Group, Regno Unito
Greenhalgh & Co. Ltd, Regno Unito

 

 

Istituzioni accademiche

Annenberg School for Communication, University of Southern California, Stati Uniti
Faculty of Divinity, University of Cambridge, Regno Unito
Centre for IT Development, University of East Anglia, Regno Unito
Department of Geography, University College Galway, Irlanda
Department of Future Studies, Center for Environmental Research, Germania
Robert Gordon University, Regno Unito
Maurice Kennedy Research Centre, University College Dublin, Irlanda

Organizzazioni religiose

CARE (Christian Action Research and Education) for Europe, Belgio
European Evangelical Alliance, Belgio

Servizi della Commissione europea

DG III - Consigliere alle dipendenze del Direttore generale, incaricato della prospettiva tecnologica e dell’impatto delle tecnologie sull’occupazione
DG V.C.2 - Fondo sociale europeo Grecia e Francia
DG V.E.1 - Analisi e ricerca sulla situazione sociale
DG X.D.3 - Politica audiovisiva
DG X.D.4 - Biblioteche
DG XXII - Nuove tecnologie in materia di istruzione e di formazione

Altri

Partecipanti a una riunione su "La società dell’informazione e il ruolo dei sessi" indetta dall’Unità Pari opportunità (DG V.A.3) della Commissione europea
Membri della Tribuna della società dell’informazione facente capo alla Commissione europea

 

Indice

Lettera di introduzione del Presidente del gruppo 9

Elenco di raccomandazioni 11

Introduzione 13

1. La visione del gruppo di esperti di alto livello: da un’economia 16

dell’informazione emergente ad una società cognitiva

A. Dall’informazione alla conoscenza 16

B. Dal determinismo tecnologico all’ancoramento nel sociale 19

2. Costruire una società europea dell’informazione per 22

tutti noi: le principali sfide strategiche

A. Acquisire conoscenze e abilità 22

B. Il ruolo mutato del settore pubblico 26

1. Regolamentare i mercati dell’emergente società dell’informazione

2. Servizi pubblici dell’informazione: il nuovo propulsore della crescita nella SI?

3. Il caso dei servizi sanitari

C. Valorizzare la catena del valore virtuale 32

1. Misurare la produzione intangibile

2.Rimuovere gli ostacoli al consumo elettronico

3. Gestire l’astrazione

D. L’evolversi della natura delle organizzazioni e del lavoro 37

1. Verso organizzazioni flessibili

2. Saper gestire il subappalto

3. Flessibilità e sicurezza

4. La SI e le forme di telelavoro

5. Mutamento e negoziazione

 

 

E. Dal tempo per lavorare al tempo per vivere 44

1. Tempo per lavorare

2. Tempo per consumare

3. Tempo per vivere

F. Globalizzazione 50

1. I posti di lavoro in Europa e l’emergere della società

dell’informazione globale

2. I sistemi previdenziali e fiscali nazionali e l’emergente SI globale

G. Far partecipare tutti: le sfide della coesione 57

1. Inclusione sociale

2. Aumentare l’occupabilità

H. La scomparsa delle distanze 61

I. La diversità europea - Valorizzare le molteplici società 64

dell’informazione emergenti

J. Trasparenza e democrazia 66

1. Concentrazione dei mass media

2. Far partecipare tutti: un ampio progetto di democrazia

3. Conclusioni 70

Allegato I - Elenco di documenti di ricerca 71

Allegato II - Elenco di documenti della Commissione Europa 72

concernenti la società dell’informazione

 

 

Lettera di introduzione del Professor Luc Soete,
Presidente del gruppo

 

Maastricht, 15 aprile 1997

Egregio Commissario Flynn,

Su incarico dei miei colleghi ho l’onore di presentarLe questa relazione finale del Gruppo di esperti di alto livello in cui si esprimono le riflessioni, i pensieri e le opinioni dei membri del gruppo concordati nel corso delle nostre deliberazioni svoltesi nell’ultimo biennio.

Dalla pubblicazione della nostra relazione intermedia un anno fa, il dibattito sugli aspetti sociali della società dell’informazione che sta emergendo sembra essersi sviluppato rapidamente. Riteniamo che le nostre "prime riflessioni" dell’anno scorso, abbiano in qualche modo contribuito a questo dibattito dinamico tuttora in corso e ci auguriamo che la presente relazione finale costituisca un utile apporto addizionale. Spetterà ad altri giudicare della sua validità. In tutti i casi la pubblicazione della relazione pone fine ai nostri lavori.

Non è mutato il nostro apprezzamento della varietà di opportunità che l’emergente società dell’informazione può presentare. Come nella nostra precedente relazione, l’importanza della "coesione sociale" rimane un fattore centrale della nostra visione di una società dell’informazione ancorata nella dimensione sociale. Nella presente relazione abbiamo tentato di far avanzare ulteriormente il dibattito proponendo un quadro politico che tenga conto dell’ampia gamma di opportunità e di sfide presentate dalla società dell’informazione. Così facendo abbiamo voluto rafforzare il nostro messaggio strategico complessivo formulando alcune raccomandazioni politiche specifiche che, a nostro avviso, è necessario attuare per realizzare una società dell’informazione che migliori la qualità della vita per tutti i cittadini europei.

La ringraziamo per la continuata fiducia riposta nel nostro gruppo e per l’opportunità dataci di contribuire al dibattito della Commissione europea sugli aspetti sociali della società dell’informazione. In passato Lei ha affermato di essere alla ricerca di consulenze indipendenti sulle tendenze e le sfide derivanti dalle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione: occhi nuovi per nuove sfide. Ci auguriamo che il nostro lavoro non deluda le Sue aspettative.

 

 

Concludendo, vorremmo ricordare con gratitudine l’impegno della nostra cara amica e collega, la Signora Birgitta Carlson, deceduta poco dopo la riunione finale del gruppo. Il contributo professionale e personale recato da Birgitta ai nostri lavori è stato di enorme importanza. La sua competenza in diversi ambiti cruciali è stata essenziale per la preparazione di questa relazione ed il suo ottimismo è servito di incoraggiamento al gruppo per superare gli ostacoli incontrati lungo il cammino. È un vero peccato che lei non abbia potuto assistere alla conclusione del progetto.

Per il Gruppo di esperti di alto livello

Professor Luc. G. Soete

Presidente

Elenco di raccomandazioni

1. Stimolare attivamente l’acquisizione di conoscenze e abilità

a. Creare una rete educativa
b. Nuovi incentivi finanziari alla formazione
c. Migliorare e diffondere le conoscenze sui metodi di apprendimento
d. Produrre materiali didattici di alta qualità e a basso prezzo

2. Coordinare le normative a livello UE

3. I servizi pubblici quale forza propulsiva della crescita nell’emergente società dell’informazione

a. Riorientare i servizi pubblici dall’infrastruttura ai contenuti
b. Rendere più efficienti i servizi pubblici: maggiore produttività per un servizio migliore
c. I servizi pubblici quale modello di erogazione di servizi
d. Migliorare i servizi sanitari

4. Valorizzare la catena del valore virtuale

a. Misurare il rendimento intangibile
b. Creare fiducia nel commercio elettronico
c. Controllare l’impatto della virtualità

5. Sviluppare sistemi di lavoro flessibili

a. Raccogliere studi di casi efficaci legati all’innovazione organizzativa
b. Gestire il subappalto
c. Verso la sicurezza nei sistemi di lavoro flessibili
d. Affrontare i nuovi rischi per la salute dei lavoratori
e. Dalla promozione del telelavoro alla sua integrazione nella società
f. Il dialogo sociale nella società dell’informazione

6. Gestire il tempo

a. Strutturare in modo flessibile i tempi di lavoro
b. Alla ricerca di tempo
c. Il vivere sano nella società dell’informazione

7. Ridare priorità alla "piena" occupazione

a. Promuovere la crescita occupazionale nella società dell’informazione

b. Verso una piattaforma sociale globale

 

 

 

8. Mantenere i cespiti fiscali nazionali in un contesto che diventa via via più globale

9. Assicurare la partecipazione di tutti

a. Accrescere la partecipazione sociale
b. Evitare l’esclusione/tener conto di bisogni specifici

c. Mettere a disposizione delle parti sociali strumenti tecnologici

d. Verso un Fondo sociale europeo incentrato sull’occupabilità

10. La scomparsa delle distanze

a. Verso un servizio universale alla collettività

b. Ripensare la politica di coesione regionale

11. La diversità europea - valorizzare le molteplici società dell’informazione emergenti

a. Sviluppare un’industria multimediale di qualità

b. Promuovere un’Europa multiculturale

c. Dar valore alla dimensione locale

12. Trasparenza e democrazia

a. Mantenere il pluralismo

b. Un progetto di democrazia

Introduzione

Nel maggio 1995 è stato costituito il Gruppo di Esperti di Alto Livello (GEAL) con il compito di analizzare gli aspetti sociali della società dell’informazione (SI). Fino ad allora, il dibattito sulla SI emergente era stato dominato da tematiche legate alle sfide d’ordine tecnologico e infrastrutturale che essa comporta e dall’esame di quale fosse il contesto normativo ed economico maggiormente atto ad incoraggiare la diffusione e l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC). Come si è detto nella nostra relazione intermedia "Prime riflessioni", pubblicata nel gennaio 1996, il fatto che sia stata data relativamente scarsa importanza agli aspetti sociali è in un certo senso comprensibile.

Il dibattito sulle sfide tecnologiche poste dalle TIC rientra in una lunga tradizione di timori sul ritardo che l’Europa avrebbe accumulato in importanti ambiti delle tecnologie di punta come quello dei semiconduttori, della microelettronica e di altre TIC ritenute essenziali per la sua competitività complessiva. Nonostante il succedersi di politiche di lungo respiro a sostegno della ricerca (i programmi quadro) nel corso degli anni ottanta, la competitività dell’Europa in questi ambiti legati alle TIC ha spesso subito un deterioramento proprio nei settori che maggiormente avevano beneficiato delle politiche europee di ricerca e sviluppo (R&S). Negli anni novanta, col procedere dell’armonizzazione del mercato interno europeo, l’attenzione delle politiche è passata progressivamente al contesto economico e in particolare ai dispositivi nazionali di regolamentazione del settore delle telecomunicazioni, che stavano diventando sempre più obsoleti con l’emergere di nuovi servizi nel campo dell’informazione e delle comunicazioni.

Ora che le discussioni politiche sulla necessaria deregolamentazione e liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni volge al termine, il dibattito sta entrando in una terza fase che ha per oggetto i numerosi aspetti sociali della SI finora trascurati e che presentano implicazioni inattese. Nell’adottare questo approccio non vogliamo dire che nel corso degli anni non siano state svolte ricerche o non vi siano stati dibattiti pubblici su queste tematiche d’ordine più ampio. Né intendiamo dire che la Commissione non abbia affrontato molti di questi punti. Intendiamo piuttosto suggerire che queste tematiche non sono state al centro del dibattito politico.

Nella nostra relazione intermedia abbiamo delineato uno scenario che teneva conto delle enormi opportunità potenzialmente insite nelle nuove TIC, quali ad esempio la possibilità di realizzare sostanziali aumenti di produttività e l’emergere di nuovi e migliori prodotti e servizi. Nel contempo, abbiamo fatto presente che se si vogliono tradurre tali potenzialità in reali aumenti di produttività, in miglioramenti della qualità della vita e degli standard di vita, occorrerà dare il via ad un lungo processo di apprendimento e di cambiamento istituzionale. La tecnologia non è di per sé né buona né cattiva, come abbiamo avuto modo di affermare: è l’uso che ne fanno gli esseri umani che determina la natura e l’entità dei vantaggi. Questi inoltre non si distribuiscono automaticamente a tutti i membri della società.

Dalla pubblicazione della nostra relazione intermedia il Forum della società dell’informazione (FSI), un gruppo di esperti su base ampia istituito dalla Commissione europea, ha prodotto la sua prima relazione annuale, che segue linee di pensiero analogue e complementari. I lavori del Forum sfoceranno indubbiamente in futuro in proposte e raccomandazioni più dettagliate. Sono stati creati anche altri gruppi consultivi e di esperti a livello europeo e nazionale ed alcuni sono in procinto di formulare conclusioni strategiche. Alla fine del 1996 la Commissione ha adottato il suo proprio programma d’azione "L’Europa di fronte alla società dell’informazione globale", in cui ribadisce le numerose sfide sociali determinate dall’emergere della SI. In altre parole, il campo d’azione si è ampliato rapidamente e gli aspetti sociali della SI emergente sono avanzati ai primi posti dell’ordine del giorno. Non possiamo non esprimere il nostro plauso per questo cambiamento di priorità e ci auguriamo che la relazione intermedia del GEAL e il dibattito che vi ha fatto seguito abbiano recato un modesto contributo in questa direzione. Forse siamo presuntuosi nel ritenere che uno dei compiti primari che ci eravano posti è stato così realizzato.

Mentre i gruppi menzionati sopra ed altri gruppi che potranno emergere in futuro svilupperanno nuove proposte, i nostri lavori giungono al termine con la pubblicazione di questa relazione finale. Nella nostra relazione intermedia avevamo avanzato diverse proposte dettagliate, alcune delle quali sono finite al centro dei dibattiti nei circoli accademici e politici. Piuttosto che ripeterle qui di nuovo preferiamo tratteggiare a grandi linee quello che è, secondo noi, l’essenziale quadro politico entro cui dovrebbe svolgersi il dibattito sulla SI emergente e presentare un programma d’azione contenente un numero limitato di raccomandazioni strategiche di base. Così facendo speriamo di avere in qualche modo reso più incisivo il nostro messaggio complessivo e di aver contribuito al dibattito europeo in corso sugli aspetti sociali della SI. Questo messaggio, lo ripetiamo, è frutto del totale consenso tra i membri del gruppo.

 

 

 

 

1. La visione del gruppo di esperti di alto livello: da un’economia dell’informazione emergente ad una società cognitiva

Come possiamo definire la società dell’informazione? La società dell’informazione è quella che si sta realizzando attualmente, in cui sono di uso generale sistemi poco costosi di informazione, di memorizzazione e di trasmissione dati. A questa diffusione generalizzata dell’informazione e dell’uso di dati si affiancano innovazioni sul piano organizzativo, commerciale, sociale e giuridico che modificheranno profondamente la vita sia nell’ambito del lavoro che in quello della società in generale.

Nel futuro vi potrebbero essere modelli diversi di società dell’informazione, proprio come ora vi sono modelli diversi di società industrializzata. Le differenze si manifesteranno probabilmente nel grado in cui essi eviteranno l’esclusione sociale e creeranno nuove opportunità per i gruppi svantaggiati. Parlando di una SI europea vogliamo ribadire, in linea con il Libro bianco "Crescita, competitività, occupazione", l’importanza della dimensione sociale che contraddistingue il modello europeo. Essa dovrà essere inoltre compenetrata da un forte senso della solidarietà - e questo non è un obiettivo facile da raggiungere, poiché le strutture tradizionali dello Stato sociale dovranno subire importanti cambiamenti. Inoltre, il concetto di solidarietà dovrà essere concepito in modo attivo, e non passivo, onde far fronte a tali cambiamenti.

Ma prima di passare ad affrontare queste e altre sfide strategiche svilupperemo in breve due aspetti d’ordine più concettuale - la distinzione tra dati, informazione e conoscenza e la necessità di una "coesione sociale" - che riteniamo fondamentali per qualsiasi discussione relativa alla SI, perché sono al centro dalla nostra analisi strategica.

A. Dall’informazione alla conoscenza

È innanzitutto essenziale fare una chiara distinzione tra dati, informazione e conoscenza. Nella nostra prospettiva, la generazione di dati non strutturati non porta automaticamente alla creazione di informazione, né ogni informazione può essere assimilata a conoscenza. Ogni informazione può essere classificata, analizzata, ponderata ed elaborata in altro modo onde generare conoscenza. Sia i dati che l’informazione sono comparabili, in tal senso, alle materie prime che l’industria trasforma in beni di consumo.

Uno dei principali effetti delle nuove TIC è stata l’enorme accelerazione e riduzione dei costi per la memorizzazione e la trasmissione delle informazioni e questo costituirà "un’infusione di energia", per citare la relazione Bangemann "in ogni settore economico" ("L’Europa e la società dell’informazione globale", Bruxelles, 1994). Queste nuove tecnologie però non hanno avuto un effetto altrettanto grande per quanto concerne la generazione o l’acquisizione di conoscenza o, a maggior ragione, di saggezza. Ci si augurerebbe ovviamente che la società si trasformi progressivamente in una "società saggia" in cui dati, informazioni e conoscenze convalidati scientificamente vengono usati sempre più per formulare decisioni consapevoli al fine di migliorare in tutti i suoi aspetti la qualità della vita. Tale saggezza contribuirebbe a creare una società sostenibile sul piano ambientale, che tiene conto del benessere di tutti i suoi componenti e che sa apprezzare gli aspetti sociali e culturali della vita non meno di quelli materiali ed economici. Il nostro auspicio è che l’emergente società dell’informazione abbia sviluppi tali da incoraggiare questa visione della saggezza.

Una delle sfide principali per la SI consisterà nello sviluppo delle abilità e conoscenze tacite necessarie per fare un uso efficace delle informazioni. In questa prospettiva le TIC andrebbero considerate per l’essenziale complementari all’investimento nelle risorse e abilità umane. In tal senso esse differiscono dalle precedenti grandi trasformazioni tecnologiche. La maggior parte dei precedenti grandi sviluppi tecnologici andava di pari passi con l’accumulo di capitale fisico. Lo sviluppo delle ferrovie, ad esempio, ha determinato un boom di investimenti nei materiali e negli impianti necessari e di qui una impennata della crescita economica complessiva. Analogamente il consumo di massa di automobili, che ha "indotto" una domanda di migliori strade, autostrade facilmente accessibili, distributori di benzina e officine a portata di mano, ha determinato l’espansione della crescita basata sia sull’aumento dei consumi finali che sulla domanda dei molti materiali e impianti intermedi.

A differenza dei precedenti progressi tecnologici, le nuove tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni non sono altrettanto fortemente legate a una domanda intermedia di beni fisici, materiali e di impianti. È questo anzi che rende i dati molto diversi dalle materie prime tradizionali. Il consumo di informazioni non comporta un "uso" nel senso tradizionale. L’informazione non è soltanto utilizzabile da utenti consecutivi, ma due o più persone possono usare contemporaneamente la stessa informazione. Mentre le economie di mercato sono state tradizionalmente gestite al fine di risolvere il problema della scarsità, l’informazione determinerà per definizione problemi legati all’abbondanza e solleverà questioni sul modo di sviluppare strumenti atti a gestire tale abbondanza.

In termini di hardware, è improbabile che la maggiore domanda di computer, telefoni cellulari, fibre ottiche e collegamenti a Internet dia un forte impulso alla crescita "inducendo" una domanda di materie plastiche per costruire computer e di fibre ottiche o di ossido di ferro per costruire semiconduttori. Nonostante gli importanti investimenti di capitale richiesti per alcuni di questi prodotti (ad esempio i semiconduttori) l’accumulo di capitale materiale, fisico non costituisce più il "bene complementare" connaturato delle nuove tecnologie. Al contrario, siccome la conoscenza del modo di usare le informazioni è legata alle abilità individuali e a quella che abbiamo deciso di denominare conoscenza "tacita", il nuovo attivo complementare all’espansione e all’uso delle nuove TIC è dato dall’investimento nel capitale umano, intangibile.

Per tale motivo ripetiamo che è fondamentale considerare la società dell’informazione quale una società che apprende. Il processo di apprendimento non è più limitato al periodo tradizionalmente consacrato agli studi scolastici, ma è - come è stato ribadito nel Libro bianco della Commissione "Verso la società conoscitiva" (1995) e il rapporto OCSE su "Apprendimento in tutto l’arco della vita" (1996) - un processo che dura tutta la vita, in quanto inizia prima dell’età dell’obbligo scolastico ufficiale e continua negli anni sul lavoro e nel privato. Il nostro punto di vista, riteniamo, è stato ampiamente accettato. Ci preoccupa però il fatto che in Europa gli incentivi a investire in queste attività di apprendimento lungo tutto l’arco della vita sono insufficienti. Non sorprenda quindi che iniziamo il nostro elenco di raccomandazioni strategiche con quelle volte ad affrontare questa sfida particolare, andando ben al di là dei tradizionali inviti alla creazione di applicazioni multimediali e di ausili infrastrutturali per l’istruzione e la formazione.

B. Dal determinismo tecnologico all’ancoramento nel sociale

Il concetto di integrazione sociale che ill GEAL ha fatto proprio rifiuta esplicitamente l’idea che la tecnologia sia una variabile esogena cui la società e i singoli individui, sul lavoro o nella vita privata, devono adattarsi. Esso considera invece la tecnologia alla stregua di un processo sociale che soddisfacendo bisogni reali o immaginari modifica tali bisogni ed è a sua volta da essi modificato In tale ottica, la società è plasmata dal cambiamento tecnologico e a sua volta il cambiamento tecnologico è plasmato dalla società. Le innovazioni tecniche - a volte determinate da scoperte scientifiche, altre volte indotte dalla domanda - traggono origine dal sistema economico e sociale e non sono un mero adattamento a trasformazioni determinate da cause esterne al sistema" (relazione Sundqvist, OCSE, p. 117).

Un esempio che illustra l’importanza di questo ancoramento nel sociale è possibile trovarlo nella storia recente dei paesi ex socialisti dell’Europa orientale. Sorprendentemente, tali paesi hanno registrato uno sviluppo e una crescita molto limitati nonostante massicci investimenti nella ricerca scientifica, nella tecnologia e nell’istruzione superiore, nel ventennio che ha preceduto il crollo del muro di Berlino e l’inizio del processo di transizione. È chiaro che l’assenza di integrazione economica e, più in particolare, la mancanza di un mercato che sceverasse il tecnicamente dall’economicamente fattibile hanno spinto la scienza e la tecnologia verso l’isolamento. Ma il fallimento del sistema scientifico e tecnologico in termini di mercato era soltanto uno degli aspetti di tale isolamento. Un altro, era dato dall’assenza di un’integrazione sociale e organizzativa del cambiamento tecnologico. Di conseguenza, e in misura ben maggiore che nelle cosiddette società "capitaliste", la scienza e la tecnologia hanno finito per essere imposte sulla società in generale e sui lavoratori in particolare e non hanno quindi prodotto miglioramenti efficaci a livello dei reparti di produzione. L’asservimento tecnologico andava così di pari passo con l’asservimento politico.

A livello di processo, piuttosto che un fattore esterno che determina il cambiamento, la convergenza delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione può essere descritta al meglio quale processo di cambiamento "di uso flessibile", vale a dire che la sua attuazione effettiva e il suo successo economico saranno strettamente funzionali alle particolari condizioni di applicazione e di uso. Mentre questa flessibilità di uso limita il processo che consente di creare "routines" per agevolare i processi di apprendimento, essa pone però in rilievo l’importanza fondamentale della dimensione sociale e organizzativa. In definitiva, quest’ultima è requisito essenziale per il successo economico e la creazione di nuovi posti di lavoro. A livello di prodotto, è chiaro che la fattibilità commerciale di un nuovo processo o prodotto è condizione essenziale per un’efficace integrazione economica. Ma anche altri contesti, sociale, etico e sociopolitico, rivestono un ruolo importante. Anche in questo caso la letteratura disponibile evidenzia nella mancata considerazione dei bisogni degli utenti il fattore singolo più importante che determina il fallimento delle azioni innovative.

Se accettiamo l’argomento che lo sviluppo di capacità tecnologiche comporta un processo endogeno complesso di cambiamento, negoziato e mediato sia all’interno delle organizzazioni che a livello della società nel suo complesso, è ovvio che le politiche non possono e non devono limitarsi alla sola integrazione economica del mutamento tecnologico, ma devono comprendere tutti gli aspetti della sua integrazione sociale in senso lato. Respingiamo così la nozione di tecnologia quale variabile esterna cui la società e i singoli individui, sul lavoro o nella vita privata, devono adattarsi.

Nella nostra relazione intermedia abbiamo posto in evidenza la carenza di integrazione sociale nell’ambito del dibattito attuale sulla società dell’informazione in Europa e abbiamo criticato il determinismo tecnologico digran parte del linguaggio politico in quanto limita le prospettive di azione politica. Abbiamo detto che l’apparente mancanza di sostegno pubblico alla società dell’informazione è in parte conseguenza della predominanza di considerazioni tecnologiche nel dibattito politico europeo. Continuiamo a ritenere questa messa in guardia uno dei nostri principali contributi. Il nostro gruppo è chiamato ad illustrare che vi sono numerose sfide a livello della politica sociale legate alla futura società dell’informazione europea, a ribadire che queste travalicano la nozione semplicistica di un rapido adeguamento ad un futuro determinato dalla forza "esterna" del mutamento tecnologico in cui le persone non hanno nessuna influenza e nessuna possibilità di partecipare. Noi invece sottolineamo le infinite opportunità che vi sono per costruire una società dell’informazione europea nell’interesse di tutti noi.

 

 

2. Costruire una società europea dell’informazione per tutti noi: le principali sfide strategiche

In questa sezione strategica della nostra relazione finale abbiamo raggruppato le sfide strategiche attorno ad un certo numero di parametri che tagliano in diagonale i confini delle politiche tradizionali. Nonostante numerose analisi condotte in materia, ci sembra ancora troppo poco diffusa la consapevolezza del fatto che le nuove TIC costituiscono un gruppo radicalmente diverso di parametri di crescita potenziale e di opportunità di sviluppo. Ciascuno di tali fattori reca con sé importanti sfide a livello strategico. Ne abbiamo elencate dieci: la particolare importanza dell’acquisizione di conoscenze e abilità; il ruolo mutevole dei servizi pubblici; l’emergente catena del valore virtuale; le prospettive di decentramento e le implicazioni per l’organizzazione del lavoro; la crescente necessità di gestire il tempo; le implicazioni della globalizzazione sull’espansione dell’occupazione e sui flussi di capitale; le preoccupazioni particolari per quanto concerne l’esclusione sociale; le potenzialità di sormontare la distanza geografica; la necessità di valorizzare la diversità europea; ed infine le implicazioni che la crescente trasparenza ha per la democrazia.

Riteniamo che tali sfide costituiscano un’ampia agenda per l’azione politica che implica tutta una gamma di attori a livello locale o regionale oppure a livello nazionale o europeo. L’ampiezza dell’agenda che presentiamo qui, corredata di un numero molto limitato di raccomandazioni specifiche, rispecchia la nostra convinzione che, in questa fase del dibattito politico, occorra una visione strategica globale.

A. Acquisire conoscenze e abilità

La trasformazione dell’emergente società dell’informazione in quella che potrebbe essere adeguatamente denominata una "società della conoscenza" richiede un importante investimento da parte del settore pubblico e di quello privato in quelli che abbiamo precedentemente indicato essere beni complementari essenziali: formazione, istruzione e apprendimento in tutto l’arco della vita. Le nuove TIC, in particolare i computer, offrono moltissime opportunità sotto forma di nuovi strumenti di apprendimento per tutte le classi di età ma riteniamo essenziale uno sforzo concertato soprattutto se si considerano particolari fattori disincentivanti che gravano sempre più sugli investimenti tradizionali in materia di istruzione e risorse umane in Europa:

Di conseguenza, il nostro primo gruppo di raccomandazioni è incentrato sul modo per porre in atto nuovi incentivi atti a stimolare con vigore l’investimento nell’acquisizione di abilità, nelle risorse umane e nell’istruzione. Ciò potrebbe avvenire mediante investimenti pubblici diretti in nuove attrezzature di TIC, in particolare i computer, nelle scuole e nel sistema educativo in generale (e non soltanto per quanto concerne l’hardware o le reti) o sotto forma di partnership tra il settore pubblico e quello privato per concepire nuovi sistemi di aggiornamento e di formazione. Sia chiaro però sin dall’inizio che riteniamo questa acquisizione di conoscenze e abilità una condizione necessaria, ma non sufficiente per la creazione di posti di lavoro.

RACCOMANDAZIONI

1. Stimolare attivamente l’acquisizione di conoscenze e abilità

Si avverte con urgenza la necessità di riorientare le priorità delle strategie europee di investimento nell’ambito dell’istruzione, della formazione e delle risorse umane nonché dell’acquisizione di conoscenze e abilità in senso più lato. Ciò richiede iniziative di investimento che combinino le risorse del settore pubblico e di quello privato, ciascuno con le sue responsabilità e mansioni specifiche, a livello regionale, nazionale ed europeo. Occorrono inoltre nuove politiche volte ad aumentare gli incentivi per le aziende e gli individui ad investire nelle risorse umane.

1a. Creare una rete educativa

Per quanto concerne l’istruzione, occorre un importante sforzo per: mettere in contatto scuole di tutta Europa, fornire loro attrezzature TIC e accesso preferenziale; promuovere la produzione e lo sviluppo di software per l’istruzione e la formazione multimediale; e (ri)qualificare e coinvolgere gli insegnanti nella concezione e nello sviluppo di tali programmi. A tal fine occorrerà un’azione concertata nell’ambito della quale istituzioni pubbliche e private saranno chiamate a fornire risorse e contenuti. Poiché ciò potrebbe accrescere il vantaggio già accumulato da certe regioni, bisognerà attivare un processo intraeuropeo di apprendimento e di recupero del tempo perduto. Le politiche nazionali e regionali continueranno ad essere diverse e le diversità nell’ambito delle politiche educative rispecchieranno spesso diversità culturali, ma a prescindere da ciò proponiamo la creazione di un’Agenzia e rete europea dell’apprendimento (European Learning Agency and Network - ELAN) per promuovere e diffondere conoscenze sulle applicazioni di punta della TIC in settori di particolare interesse per l’istruzione e la formazione in tutta Europa.

1b. Nuovi incentivi finanziari alla formazione

Per quanto concerne la formazione e lo sviluppo delle risorse umane occorrono maggiori incentivi all’indirizzo sia delle imprese che dei singoli individui nella forma di un’ampia gamma di soluzioni atte a incoraggiare e a valorizzare l’investimento privato ai fini dell’accumulo di tali valori intangibili. Si avverte con urgenza la necessità che l’investimento nel capitale intangibile quale ad esempio nelle risorse umane sia più pienamente riconosciuto alla stregua di un "effettivo" esborso di capitale rispecchiato in particolare nel valore azionario delle imprese. Suggeriamo che la Commissione prenda l’iniziativa di affrontare il problema del collegamento tra il finanziamento dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e l’occupazione secondo la strategia avviata dall’OCSE. Siccome i lavoratori hanno ora maggiori probabilità di cambiare impresa nell’arco della loro vita lavorativa occorrono nuove forme di interazione tra gli istituti di istruzione superiore, le organizzazioni di formazione e le singole imprese. Il mantenimento e l’aggiornamento delle risorse umane dovranno costituire una responsabilità congiunta delle istituzioni sia pubbliche che private. Le nuove TIC offrono molte opportunità per sistemi duali di formazione che comportino lo sviluppo e l’estensione nel corso dell’intera vita lavorativa di questo tipo di partnership strette. Le nuove tecnologie offrono inoltre prospettive di sviluppo di programmi di formazione mirati in modo più specifico sui bisogni dei disoccupati meno qualificati che possono incontrare particolari difficoltà nell’acquisire i rudimenti di base nell’uso dei computer nonché per tutti i gruppi che hanno bisogno di acquisire abilità di base nell’uso delle TIC per uso domestico, professionale o pubblico.

1c. Migliorare e diffondere le conoscenze sui metodi di apprendimento

In relazione all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita si avverte la necessità di una ricerca più approfondita sull’apprendimento stesso, tra cui anche sulle modalità in cui le TIC influiscono sull’apprendimento. È essenziale prendere atto del fatto che nell’emergente società dell’informazione il processo di apprendimento o l’acquisizione di conoscenze non avvengono soltanto a scuola o sul lavoro. L’apprendimento tramite i consumi - compresi gli svaghi -, tramite la comunicazione, tramite l’interazione e più in generale tramite attività sociali e altre attività non lavorative ha acquisito una crescente importanza e spesso abbraccia le abilità generali di apprendimento che integrano fondamentalmente le abilità più specificamente professionali acquisite sul posto di lavoro. Si dovrebbero condurre ricerche sui seguenti aspetti: in che modo le persone "apprendono ad apprendere" invece di limitarsi a ricordare nozioni? Quali sono i metodi migliori per insegnare e sviluppare una padronanza dell’astrazione "catodica", di immagini virtuali, interattività e fragilità, compreso l’insegnamento a coloro che hanno paura delle nuove tecnologie? Richiamiamo l’attenzione sull’importante distinzione tra queste diverse forme di apprendimento perché vogliamo ribadire che l’apprendimento a distanza non deve sostituirsi all’ambiente scolastico a livello primario e secondario. Le scuole hanno una funzione di sviluppo socioculturale di cui è privo l’apprendimento a distanza. Le abilità di comunicazione in senso lato, l’integrazione sociale e l’apprendimento dell’uso delle TIC richiedono la presenza fisica della maggior parte degli allievi e il contatto diretto con gli insegnanti e con i compagni di classe. L’apprendimento collettivo e il lavoro di gruppo presentano spesso altrettanti vantaggi dello studio individuale.

1d. Produrre materiali didattici di alta qualità e a basso prezzo

L’espansione del mercato dell’istruzione e della formazione impone ai governi di fornire incentivi politici e finanziari a nuovi operatori del settore. In questa strategia potrebbe rientrare una combinazione di un ampio spettro di materiali di apprendimento e di informazione comprendente notiziari, attività di svago, istruzione, formazione e altre attività culturali e del tempo libero. È essenziale garantire a tutti i cittadini l’accesso a materiali di alta qualità e a basso prezzo. Resta il fatto però che in ogni ambito dell’istruzione e della formazione i costi legati alla concezione e allo sviluppo di tali materiali sono elevati: soltanto con una produzione di massa possono emergere prodotti finali a prezzo abbordabile. Si dovranno compiere sforzi particolari per evitare di ingenerare nuove forme di esclusione legate al costo dell’accesso a materiali di autoapprendimento.

B. Il ruolo mutato del settore pubblico

Come si evince da quanto detto sopra, il ruolo del settore pubblico nell’emergente SI è quello di custode della competizione, che deve "creare le condizioni in cui gli investimenti, i mercati e i servizi possono prosperare". Tuttavia lasciare lo sviluppo della SI al settore privato - un’idea originariamente perorata nella relazione Bangemann (1994) e successivamente rielaborata in diverse relazioni ufficiali dell’UE - significa, a nostro avviso, adottare un approccio eccessivamene minimalista al ruolo delle autorità pubbliche in tale processo.

1. Regolamentare i mercati dell’emergente società dell’informazione

I governi svolgono indubbiamente un ruolo fondamentale a salvaguardia della competizione nell’emergente SI. La convergenza digitale tra le tecnologie per la trasmissione di immagini visive (televisione) e quella di dati e di messaggi audio (telefonia) pone alcuni importanti nuovi problemi d’ordine normativo. Il tasso di insuccessi di mercato nello sviluppo, nella distribuzione e nella commercializzazione delle informazioni appare elevato determinando in particolare il costituirsi di oligopoli sul mercato e tentativi di integrazione verticale tra le imprese già affermate e le nuove imprese tra e nei diversi segmenti di mercato: sviluppo dei contenuti, erogazione di servizi, reti di distribuzione e produzione di hardware. Disciplinare un ambito così complesso e in rapida evoluzione è piuttosto difficile. La Commissione ha svolto un importante ruolo nel processo di liberalizzazione della telecomunicazioni rimuovendo molti dei privilegi degli operatori monopolistici nazionali di telecomunicazioni e aprendo la via alla competizione nell’erogazione di servizi basati su queste reti convenzionali di telecomunicazioni. Vi è motivo però di chiedersi se l’approccio normativo e se gli strumenti normativi disponibili a livello comunitario siano sufficientemente ampi, adatti e flessibili per rispondere alle sfide tecnologiche attuali e future poste dalla concorrenza inter-rete.

È già possibile osservare una netta tendenza verso una maggiore concentrazione orizzontale tra i diversi segmenti di mercato cui si è accennato prima e ciò avviene su tutto il territorio dell’UE. Per affrontare questi e molti altri casi potenziali di abuso del potere di mercato legati all’attuale ampia convergenza tra i settori audiovisivo e quello delle telecomunicazioni, riteniamo che alla Commissione si dovrebbero conferire poteri addizionali (ad es. al fine di promuovere "servizi di interesse generale") e che occorra trasferire una qualche misura di potere di regolamentazione al livello comunitario.

RACCOMANDAZIONE

2. Coordinare la normative a livello UE

Per affrontare i molti problemi emergenti a livello di regolamentazione legati alla convergenza digitale tra le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, si avverte l’urgente necessità di un’Agenzia europea di regolamentazione che si occupi dell’ampio spettro dei contenuti audiovisivi e dell’erogazione di servizi, delle reti di distribuzione e della più convenzionale erogazione di servizi di telecomunicazioni. Tale agenzia dovrebbe essere dotata di strumenti di regolamentazione che la rendano un vero e proprio custode della concorrenza tra le varie reti di informazione e di comunicazione in tutta Europa. Peroriamo l’immediata creazione di tale Agenzia per tre motivi: la crescente minaccia di predominio del mercato e di abuso in particolari segmenti di mercato TIC; il modo in cui normative nazionali poco lungimiranti stanno frenando lo sviluppo tecnologico e la diffusione delle TIC; nonché il modo in cui le regolamentazioni influiscono direttamente sull’interazione tra i diversi segmenti di mercato dell’informazione e della comunicazione in tutta l’UE. Una simile agenzia europea (sul modello della FCC) comporterebbe il passaggio di alcuni poteri di regolamentazione dal livello nazionale a quello comunitario. Oggigiorno la politica della regolamentazione deve rispecchiare in misura crescente la nuova dimensione internazionale costituita dall’emergere di un’infrastruttura globale dell’informazione.

2. Servizi pubblici dell’informazione: il nuovo propulsore della crescita e la SI?

Sviluppare un adeguato quadro competitivo e normativo è indubbiamente un compito preparatorio essenziale dei governi. Si tratta di una condizione sine qua non per consentire l’emergere di una SI economicamente vitale - come abbiamo avuto modo di osservare precedentemente, sarà il mercato a determinare le condizioni essenziali per un’efficace integrazione economica delle nuove TIC. Questa però non è una condizione sufficiente. Limitare il ruolo del settore pubblico ad una funzione economica soltanto preparatoria significa, a nostro avviso, sottovalutare grossolanamente il ruolo e l’importanza degli enti e dei servizi pubblici quali elaboratori ed erogatori di informazioni in diversissimi ambiti economici, sociali e politici. Noi consideriamo i servizi pubblici nella loro accezione più ampia - vale a dire compreso il settore dell’istruzione - alla stregua di una delle più promettenti forze trainanti della crescita nell’emergente SI europea, e questo per i seguenti motivi:

RACCOMANDAZIONI

3. I servizi pubblici quale forza propulsiva della crescita nell’emergente società dell’informazione

L’ampia varietà di servizi pubblici dell’informazione offre numerose opportunità per una crescita guidata dall’informazione e tali servizi potrebbero essere l’innovazione rivoluzionaria che induce una nuova espansione dettata dalla domanda. Nel contempo, il settore pubblico può contribuire a garantire un’informazione completa e affidabile con un alto grado di accessibilità, facilità d’uso e abbordabilità per tutti i settori della società.

3a. Riorientare i servizi pubblici dall’infrastruttura ai contenuti

A nostro avviso il ruolo delle autorità pubbliche in tale ambito non è tanto quello di fornitori di infrastrutture quanto di erogatori di contenuti che schiudono sul mercato nuove opportunità di partnership per il settore privato nell’ambito dello sviluppo, della distribuzione e della manutenzione di nuovi sistemi d’informazione assicurando nel contempo che l’informazione sia comprensibile e disponibile in formato non elettronico, approfondendo il concetto di facilità d’uso per gli utenti e contribuendo a dissolvere i timori sulle comunicazioni elettroniche che possono sorgere tra il pubblico o tra gruppi specifici. Ai nostri occhi l’erogazione di questi servizi "pubblici" costituisce un impulso potenziale per una nuova crescita della domanda a livello locale dettata dall’informazione e ad alta intensità occupazionale, da un lato con la creazione di un effetto di scala per quanto concerne alcune delle nuove infrastrutture migliorate e abbordabili in materia di informazione e comunicazione, dall’altro con l’apertura a servizi "privati" maggiormente impostati sul mercato. Questo processo di creazione di posti di lavoro indotto dalle TIC potrebbe essere visto, sotto molti aspetti, quale pendant elettronico della creazione di posti di lavoro determinata dai servizi personali proposta nel Libro bianco Delors e attualmente riscontrabile in molti paesi dell’UE. Con la differenza che la versione elettronica invocata in questa sede offrirà probabilmente maggiori opportunità di apprendimento e di riqualificazione.

3b. Rendere più efficienti i servizi pubblici: maggiore produttività per un servizio migliore

Il settore pubblico, in quanto uno dei settori più attivi nel trattamento e nell’elaborazione di informazioni, presenta notevoli prospettive per acquisire nuove idee in merito ad alcuni dei problemi organizzativi legati all’introduzione delle nuove TIC e per individuare possibili soluzioni. Queste possono concernere questioni organizzative interne come ad esempio il modo di venire a capo delle tradizionali funzioni burocratiche del controllo e della contabilità, come anche questioni più generali relative al trattamento delle informazioni tra diversi servizi e al di là dei confini geografici. In molti servizi pubblici (immigrazione, polizia, sicurezza sociale e pensioni, servizi locali, ecc...) l’assenza di un trattamento intraeuropeo delle informazioni appare essere uno dei principali ostacoli ad una maggiore mobilità del lavoro e alla migrazione. Anche in questo ambito le TIC sembrerebbero offrire, almeno a prima vista, tantissime nuove opportunità. Proponiamo che vengano avviati, trasversalmente a tutta una gamma di servizi pubbici tradizionali, progetti pilota impostati ciascuno su una tematica particolare e volti a mettere in luce alcuni dei problemi pratici sul piano organizzativo e locale legati all’introduzione delle nuove TIC. Tali progetti potrebbero evidenziare modalità pratiche per far collaborare i servizi pubblici con le imprese in modo da far propri altri servizi del settore privato quali il commercio elettronico o l’EDI (interscambio di dati elettronici). Nel contempo proponiamo che i profitti legati agli aumenti di produttività realizzati nei servizi pubblici grazie all’introduzione delle TIC siano reinvestiti per sviluppare e migliorare altri servizi pubblici, di preferenza quelli locali, soprattutto nell’ambito dell’istruzione, della sanità, dell’ambiente e della cultura.

 

3c. I servizi pubblici quale modello di erogazione di servizi

Il settore dei servizi pubblici dovrebbe costituire un modello di erogazione di servizi al pubblico in particolare combinando il teleaccesso consentito dalle tecnologie della comunicazione con l’opzione del contatto umano per i cittadini che lo desiderino. Si devono sviluppare sistemi di accesso alle informazioni che tengano conto dei bisogni della popolazione nella sua totalità. In altri termini i sistemi di accesso a distanza alle informazioni devono essere di facile uso, devono garantire un accesso universale, anche agli archivi pubblici, e consentire interrogazioni individuali, ecc... Inoltre, il fatto di mantenere la possibilità di un accesso diretto basato sul contatto umano è un fatto essenziale per assicurare che nessuno venga escluso.

3. Il caso dei servizi sanitari

Le TIC e le tecnologie correlate dovrebbero recare un enorme contributo allo sviluppo dei servizi sanitari anche per quanto concerne gli aspetti della raccolta e dell’analisi dei informazioni, l’identificazione di gruppi ad alto rischio, la migliore disponibilità di servizi, nuovi strumenti per l’informazione e l’istruzione in campo sanitario, l’espansione dei servizi sanitari nell’interesse di gruppi di cittadini sottoserviti o siti in zone remote, il sostegno alle attività di promozione della salute condotte dai cittadini stessi, ecc... L’effetto "costi" delle TIC sul settore sanitario non è molto positivo se si considera il livello del necessario investimento assoluto, ma si prevede che il rapporto costi-benefici sia positivo: l’ambito di copertura, la disponibilità e la qualità dei servizi possono essere migliorati ad un costo abbastanza ragionevole.

Una più diffusa introduzione della tecnologia basata sulle TIC nel settore sanitario è quindi giustificata e dovrebbe essere incoraggiata onde migliorare la disponibilità, la copertura e la qualità dei servizi. Nel realizzare tali tecnologie in ambito sanitario si dovrebbe valutare e garantire la fattibilità, la sicurezza e l’efficacia sul piano dei costi delle TIC nonché l’abilità e la competenza degli operatori sanitari e degli altri utenti che devono essere in grado di servirsi della nuova tecnologia. Una debita attenzione andrà riservata alla protezione di dati confidenziali nei sistemi basati sulle TIC e alla necessità di rivedere i codici deontologici degli operatori sanitari alla luce delle prassi sanitarie basate sulla TIC.

RACCOMANDAZIONE

3d. Migliorare i servizi sanitari

Le opportunità offerte dalle TIC, e in particolare la telemedicina, dovrebbero essere valorizzate nel modo più efficace possibile onde migliorare la prevenzione dei rischi sanitari, promuovere la salute e accrescere la copertura, la disponibilità e la qualità dei servizi per tutti i cittadini e in particolar modo per i gruppo sottoserviti come ad esempio le persone con bisogni particolari, tra cui quelle affette da malattie croniche, i disabili e gli anziani, e a gruppi non coperti da tali servizi a causa della loro situazione socio-economica disagiata o della disoccupazione. In Europa la copertura garantita dai servizi sanitari è incompleta; vi sono sperequazioni tra paesi sia per quanto concerne la copertura quantitativa che il contenuto e la qualità dei servizi. È il caso di prendere in esame la necessità di formazione e istruzione per gli utenti potenziali dei servizi basati sulle TIC al fine di evitare l’esclusione. Tali servizi dovrebbero essere inoltre concepiti in modo da incoraggiare e sostenere le iniziative dei cittadini stessi ai fini di promuovere la loro salute e quella delle loro famiglie mediante informazioni sanitarie, azioni di istruzione e consulenza, materiali di formazione e istruzioni in materia di autoterapia che possono essere tutti messi efficacemente a disposizione per il tramite dei servizi telematici e della tecnologia multimediale. Si dovrebbero prendere misure appropriate per assicurare l’affidabilità e tutelare la riservatezza delle informazioni e dei dati sanitari nell’ambito dei nuovi sistemi sanitari basati sulla nuova TIC. Dovrebbero inoltre essere sottoposti a revisione i codici deontologici degli operatori sanitari.

C. Valorizzare la catena del valore virtuale

Un’importante caratteristica dell’emergente SI è lo spostamento di valore verso la produzione e il consumo intangibili, una tendenza a volte denominata "dematerializzazione". Essa è caratteristica del processo di mutamento tecnologico per quanto concerne l’accumulo, il trattamento e la memorizzazione dell’informazione e della comunicazione, vale a dire le stesse TIC. Tale aspetto non ha ancora compenetrato il modo in cui gestiamo la produzione e il consumo intangibili che continuano a fondarsi su concezioni e misure industriali superate e limitate.

1. Misurare la produzione intangibile

Le TIC svolgono un ruolo essenziale in quella che è stata definita la "codificazione" delle conoscenze. La conoscenza codificata è contrapposta alla conoscenza tacita, che non può essere facilmente trasferita in quanto non è stata esplicitata. Come si è osservato sopra, le abilità sono una forma importante di conoscenza tacita. L’effetto più importante delle nuove TIC è che esse spostano il confine tra conoscenze tacite e conoscenze codificate; diventa tecnicamente possibile ed economicamente interessante codificare diversi tipi di conoscenze che finora sono rimaste in forma latente. In termini di beni materiali questa incorporazione della conoscenza codificata ha caratterizzato l’incredibile exploit di molti nuovi beni strumentali e beni di consumo contenenti nuove informazioni elettroniche e dispositivi di comunicazione. I risultanti miglioramenti sul piano della qualità e della resa di questi beni di consumo elettronici ad alta tecnologia sono stati accompagnati da contrazioni a volte significative dei prezzi. Il computer è indubbiamente l’esempio più visibile di questo duplice impatto del rapido mutamento tecnologico e della codificazione, quello che può essere descritto quale "paradosso del valore tecnologico": via via che una quantità sempre maggiore di conoscenza codificata viene incorporata in questi beni il "valore" nominale sembra evaporare.

Nell’ambito dei servizi, invece, mentre la codificazione rende la conoscenza più accessibile di prima a tutti i settori e a tutti gli operatori economici, il processo non può essere mai completo a causa della natura intangibile della conoscenza in tale ambito. La codificazione raramente ridurrà l’importanza relativa della conoscenza latente sotto forma di abilità, competenze, ecc... - avverrà anzi il contrario. È la conoscenza latente che tende a diventare il valore principale dell’attività di servizio: il "contenuto". Se è vero che i servizi possono essere basati in parte su valori puramente intrinseci come il talento o la creatività, essi sono legati per la maggior parte alla continua accumulazione di nuove conoscenze - vale a dire all’apprendimento.

Lo spostamento di valore da beni industriali comprendenti una crescente quantità di conoscenza codificabile verso attività di servizi che comportano conoscenze intrinseche è tipico dell’emergente SI. Ciò solleva alcuni importanti quesiti per accertare dove viene creato valore, in che modo esso può essere ricavato, da chi e come è distribuito. Appare fondata l’ipotesi che gran parte di tale valore si sottragga al conteggio. Esso "evapora", se non altro nella sua forma monetaria. La sfida politica sollevata dalla SI in questo contesto è importante. Essa pone in causa i sistemi di contabilità basati sui fattori materiali che sono alla base delle nostre misure economiche nonché l’affidamento sempre più cieco che i livelli decisionali fanno sugli indicatori economici a base industriale che appaiono sempre meno affidabili. Inoltre si pone la questione fondamentale sul modo in cui i benefici derivanti dalle nuove tecnologie vengono distribuiti in tutto l’arco dell’economia o della società. Alcuni di questi benefici sono pienamente contabilizzati e si traducono nell’aumento delle vendite e dei redditi, compresi i gettiti fiscali; altri benefici non sono accantonati in modo efficace e la ricchezza di recente creazione evapora in quanto beneficio sociale non monetizzato.

RACCOMANDAZIONE

4a. Misurare il rendimento intangibile

Occorre urgentemente una ridefinizione degli indicatori usati nella presa di decisioni economiche. In un periodo in cui sia i decisori politici che i mercati appaiono fare un sempre maggiore affidamento su misure apparentemente "obiettive" della resa economica è il caso di interrogarsi sull’errore implicito nel ricorso a dati della produzione materiale allorché si costruiscono tali misure. Si deve tentare di produrre una misura più accurata dell’inflazione "reale" e della crescita produttiva "reale" tenendo pienamente conto dei miglioramenti di qualità basati sulle TIC nonché della rapida espansione nel numero di prodotti e servizi a contenuto informatico.

2. Rimuovere gli ostacoli al consumo elettronico

La crescente convergenza tra il settore manifatturiero e quello dei servizi unita al fatto che a quest’ultimo sono da ascriversi due terzi dell’attività economica nei paesi dell’UE fanno dei servizi attività sempre più importanti di per sé. In effetti, in un numero sempre più grande di settori i servizi sono dominanti rispetto al settore manifatturiero e non il contrario. In particolare, l’emergere delle TIC e il loro impatto sulla "commerciabilità" di molti servizi hanno conferito a questi il carattere di attività fondamentali a valore aggiunto. È evidente tuttavia che gran parte delle potenzialità di crescita che ci si attendevano dai nuovi servizi si sono manifestate con particolare lentezza in Europa. Numerosi studi (McKinsey, 1995; OCSE, 1996) sottolineano il problema del quadro normativo restrittivo che spesso ostacola lo sviluppo di nuovi servizi basati sulle TIC. Pur non disputando questo punto di vista vorremmo mettere in luce alcuni dei problemi intrinseci legati allo scambio di prodotti e servizi nel campo dell’informazione.

Esistono importanti ostacoli per i produttori e i consumatori all’uso di servizi on-line nell’ambito del commercio elettronico. Per le aziende permangono importanti problemi in materia di sicurezza, riservatezza e codifica. Nella prassi i sistemi di TIC lasciano molto a desiderare sul piano della solidità e dell’affidabilità: guasti tecnici, fattori ambientali e incursioni di pirati informatici possono renderli poco affidabili. Non è possibile valutare pienamente i rischi costituiti da tali minacce. La più ampia scelta e disponibilità di beni e servizi grazie alle reti informatiche aumenta chiaramente la rendita del consumatore. I consumatori hanno maggiori opportunità di procurarsi beni e servizi a prezzi competitivi quando e dove essi lo desiderino. Ma anche a questo proposito vi sono consistenti ostacoli: per citarne uno, i consumatori si trovano a dover investire in un servizio di cui non conoscono il valore - questo può essere valutato soltanto dopo l’uso. In altri termini, i nuovi servizi sono prodotti pilota. Attualmente i maggiori tassi di crescita si registrano perciò in settori in cui il cliente non deve acquisire nuove competenze ed in cui un prodotto convenzionale è rimpiazzato da uno nuovo.

Come si possa però creare un’economia flessibile della condivisione di informazioni e transazioni elettroniche con le necessarie salvaguardie non è pienamente chiaro per tutti i settori, beni e servizi. Mentre alcuni settori, in particolare quello dei servizi finanziari, sono già molto avanzati, ciò non toglie che essi incontrino notevoli problemi nello sviluppo di nuovi prodotti e servizi elettronici per mancanza di una conoscenza pratica del modo in cui l’informazione andrebbe regolamentata e da parte di chi al fine di creare un clima di fiducia nel nuovo contesto del commercio elettronico on-line.

 

 

 

RACCOMANDAZIONE

4b. Creare fiducia nel commercio elettronico

Proponiamo che i lavori dei diversi gruppi creati per affrontare problemi quali la sicurezza dell’informazione, la riservatezza, la proprietà intellettuale e il contenuto potenzialmente dannoso e illecito dei servizi on-line siano sintetizzati e se ne traggano conclusioni all’indirizzo sia delle PMI che dei consumatori. Occorre intraprendere con urgenza azioni in tale ambito per stabilire sistemi più flessibili e dinamici di procedure, codici, standard, regolamenti e forme di autoregolamentazione. L’obiettivo è di accrescere la fiducia nella SI tra i produttori e i consumatori riducendo e codificando i rischi legati alla condivisione delle informazioni e assicurando una concorrenza leale sui mercati elettronici dell’informazione. In particolare, dovrebbe essere accertata l’efficacia delle attuali iniziative dell’UE volte a incoraggiare la partecipazione delle PMI al commercio elettronico. Si devono individuare e colmare le lacune esistenti per quanto concerne un’efficace infrastruttura per la formazione delle PMI e il trasferimento tecnologico. È importante che le PMI dispongano dell’opportunità e dell’esperienza per promuovere connessioni elettroniche con i loro partner commerciali concepite per soddisfare i loro bisogni e adeguate alle loro procedure di trattamento dell’informazione, piuttosto che vedersi imporre sistemi inappropriati da parte di partner commerciali di maggior peso e potere o dotati di una maggiore esperienza nell’ambito della SI.

3. Gestire l’astrazione

Si possono sollevare diversi quesiti sull’impatto che l’astrazione generalizzata avrà sulle nostre vite. Le attività umane si baseranno in misura crescente su rappresentazioni della realtà piuttosto che sulla realtà stessa. Tale evoluzione comporta vantaggi significativi, ma anche rischi. La vita virtuale non è la vita reale e la rappresentazione della realtà non è la stessa cosa che la realtà. Emerge la preoccupazione che la natura astratta dell’utilizzazione di gran parte delle TIC porti ad una simile astrazione dalla realtà.

RACCOMANDAZIONE

4c. Controllare l’impatto della virtualità

Occorre acquisire una migliore comprensione dell’effetto della "virtualità" sulle vite delle persone. Via via che una parte sempre maggiore del lavoro, delle attività domestiche e del tempo libero si basa su astrazioni, è possibile chiedersi quale sarà l’impatto sociale complessivo di questo processo diffuso. Più in generale, occorre procedere con urgenza ad investigare le diverse conseguenze personali delle TIC non soltanto nell’ottica della loro concezione ma anche nel modo in cui esse sono usate. L’obiettivo dovrebbe essere di identificare linee guida per la progettazione e la realizzazione di sistemi di TIC che tengano conto della dimensione umana e di fare opera di sensibilizzazione sulla necessità di tener conto del contesto sociale nell’uso delle TIC in ambito domestico, nella collettività e sul posto di lavoro. Un altro obiettivo dovrebbe consistere nell’identificare il modo in cui le TIC possono accrescere l’interscambio umano ed evitare l’isolamento.

D. L’evolversi della natura delle organizzazioni e del lavoro

Un aspetto particolare delle nuove TIC è dato dalla maggiore flessibilità e trasparenza che esse consentono in relazione al modo in cui le aziende organizzano la produzione e ai costi e benefici di particolari prassi lavorative. La SI è spesso stata assimilata a nuove forme più flessibili e decentrate di organizzazione del lavoro, comprendenti nuove opportunità di lavoro autonomo (il concetto di microaziende), il ridimensionamento di grandi imprese con la tendenza verso il subappalto di particolari funzioni e attività, le nuove forme di lavoro a distanza, il cosiddetto telelavoro. Questi cambiamenti intervenuti nell’organizzazione delle attività non solo sollevano quesiti in relazione al mutamento dei sistemi organizzativi e dei modelli lavorativi ma pongono anche sfide strategiche all’organizzazione tradizionale e alle istituzioni del mercato del lavoro e ai processi di negoziazione tra i datori di lavoro e i lavoratori.

1. Verso organizzazioni flessibili

Nell’ultimo ventennio molte imprese europee hanno fatto enormi investimenti nella nuova tecnologia, ma per gran parte di tale periodo all’ampia diffusione delle tecnologie non hanno fatto seguito aumenti di produttività e si stanno accumulando le prove del fatto che l’applicazione di nuove tecnologie non basta da sola ad assicurare tali benefici. Molte imprese europee non sono quindi state in grado di migliorare significativamente la loro posizione competitiva, anzi esse hanno portato di solito piccoli mutamenti ai loro sistemi di lavoro lasciando l’organizzazione complessiva del lavoro immutata. C’è infatti chi ha sostenuto che in Europa le politiche pubbliche e industriali per troppo tempo si sono limitate a fare piccole correzioni di rotta che non alteravano la situazione di fondo.

Come si è affermato sopra, una visione puramente tecnologica dei modelli organizzativi del futuro presenta limiti evidenti. Errori costosi sono stati fatti dalle organizzazioni che hanno investito grandi somme in sistemi tecnologici di punta trascurando l’importanza del loro capitale umano. Oggi più che mai le organizzazioni dipendono da una manodopera altamente qualificata e motivata e disposta a collaborare. Soltanto un processo coerente e interattivo di innovazione può valorizzare appieno i benefici derivanti dalla nuova tecnologia. Parallelamente all’introduzione di hardware e software bisogna rinnovare le strutture e le prassi organizzative per far sì che l’innovazione divenga un processo integrato in cui confluiscono le componenti tecnologica, organizzativa e sociale.

Per trarre beneficio dai loro investimenti nelle nuove tecnologie le imprese europee devono occuparsi non solo del contesto tecnologico in cui operano, ma anche dei loro rapporti con fornitori, clienti e altri partner commerciali, dei sistemi di produzione, della configurazione fisica dei macchinari e dell’utilizzazione e dello sviluppo di manodopera e abilità. Nella SI il cambiamento organizzativo dovrebbe quindi consistere idealmente di una serie di sviluppi strettamente correlati che interessano la struttura delle aziende, la produzione e i processi lavorativi, la manodopera e i bisogni di qualifiche, nonché i sistemi tecnologici. Desideriamo ribadire in questa sede l’importanza di cogliere tali sviluppi quali un tutto unico e esprimere la nostra preoccupazione nei confronti di strategie incentrate esclusivamente sulla messa in atto di nuove tecnologie ignorandone il contesto organizzativo. Tali strategie, oltre ad essere inefficaci, sono anche estremamente costose.

In questo contesto è chiaro che le TIC hanno le potenzialità per migliorare i processi di innovazione nelle organizzazioni. Attualmente in Europa le aziende e le organizzazioni tendono a concentrarsi su miglioramenti della produttività a livello dei reparti di produzione. Le TIC possono però promuovere miglioramenti anche altrove nella catena del valore aggiunto e incoraggiare innovazioni del prodotto instaurando legami più stretti tra la R&S e la produzione vera e propria. Questo particolare aspetto del comportamento aziendale potrebbe forse ben spiegare le differenze aggregate sul piano della crescita della produttività, dell’innovazione del prodotto e della sostituzione capitale/lavoro tra l’Europa e gli Stati Uniti.

Oltre ad agevolare lo sviluppo di nuovi sistemi di lavoro, le TIC modificano anche le forme esistenti di lavoro e di organizzazione del lavoro. Anche in questo caso l’efficienza e la capacità di innovare non possono essere migliorate facendo leva su modifiche isolate agli schemi di lavoro. Per garantire il successo del cambiamento devono radicarsi nelle strutture aziendali in senso più ampio elementi di organizzazione del lavoro flessibile quali versatilità del personale, formazione, orario flessibile, nuovi sistemi retributivi, un più intenso lavoro di squadra e un appiattimento delle gerarchie. Qualsiasi cambiamento, compresa l’introduzione delle nuove TIC, ha senso soltanto se è in linea con la posizione e il contesto generale dell’impresa.

Paradossalmente, l’importanza della comunicazione da persona a persona che richiede la vicinanza fisica non è automaticamente diminuita nel mondo del lavoro, tutt’altro. Le nuove teorie del management ribadiscono l’importanza del contatto interpersonale, mentre la decentralizzazione delle responsabilità ha acuito la necessità di comunicazione diretta.

RACCOMANDAZIONE

5a. Raccogliere studi di casi efficaci legati all’innovazione organizzativa

L’UE dovrebbe raccogliere ulteriori dati ricavati da studi di casi e studi pilota in merito a innovazioni organizzative coronate dal successo. Tali studi dovrebbero indicare come le TIC influiscono sulla struttura delle aziende in tutta una serie di settori industriali, comprese alcune delle nuove attività intersettoriali, in che modo le reti informatiche interne modificano le comunicazioni aziendali e in che modo i lavoratori e i loro rappresentanti possono servirsene per comunicare tra di loro. In particolare attendiamo con interesse l’imminente Libro verde sull’organizzazione del lavoro.

2. Saper gestire il subappalto

Con le nuove TIC la comunicazione avviene in tempo reale tra luoghi anche molto distanti e ciò schiude nuove opportunità di affidare il lavoro in subappalto. Attualmente tutte le imprese stanno riesaminando la loro gamma di attività trasferendone alcune a fornitori esterni. Ci sono diversi motivi per cui le aziende fanno ricorso ai subappalti: in alcuni casi si tratta di formare alleanze strategiche, in altri di concentrarsi sulle attività centrali e in altre ancora di approfittare delle differenze di costi tra la produzione in azienda e quella esterna. Nell’emergente SI l’affidamento di lavoro in subappalto costituirà indubbiamente un importante fattore di crescita per le nuove aziende specializzate che dispongono di una manodopera altamente specializzata. Ciò comporta però che alcuni fornitori sono stati degradati a meri fornitori di parti. La concorrenza dell’economia a basso salario costituisce una seria minaccia per la sopravvivenza di queste organizzazioni. A risentire di tali pressioni sono i fornitori piccoli e medi che possono sopravvivere soltanto sviluppando un’esperienza in qualità di partner nella produzione e nello sviluppo di nuovi prodotti e servizi. Una simile esperienza strategica può essere sviluppata tramite rapporti di cooperazione con altre imprese, consentendo loro di liberarsi dalle "gerarchie elettroniche" realizzando reti proprie. Come si vedrà più oltre, l’innovazione sul piano organizzativo e tecnologico delle PMI dipende in ampia misura dal sostegno disponibile nella regione, ad esempio tramite centri per la formazione e per il transfer tecnologico.

Con la crescente tendenza al subappalto, i lavoratori si trovano a volte innanzi alla scelta tra il licenziamento o l’accettazione di un nuovo status di lavoratori autonomi. In quest’ultimo caso tale status è spesso illusorio, in quanto essi non hanno l’opportunità di organizzare i loro tempi di lavoro e i loro mezzi di produzione. La legislazione sociale nella quasi totalità (disposizioni in merito al tempo di lavoro, alla sanità e sicurezza sul lavoro e ai contributi della previdenza sociale) si fonda sul concetto di lavoro "dipendente".

RACCOMANDAZIONE

5b. Gestire il subappalto

Occorre esaminare con maggiore dettaglio il rapporto tra subappalti e TIC al fine di:

3. Flessibilità e sicurezza

Soluzioni lavorative flessibili, come ad esempio il lavoro part-time, il lavoro a domicilio o il telelavoro, il lavoro autonomo, il lavoro temporaneo e con contratto a termine, il lavoro in subappalto, il trasferimento di attività al di là delle frontiere e i contratti di lavoro flessibili stanno acquistando una rilevanza sempre maggiore contestualmente all’emergere della SI. Se è vero che molte strutture lavorative flessibili presentano notevoli benefici potenziali sia per gli imprenditori che per i lavoratori, vi sono tuttavia limiti alla flessibilità tra cui quelli posti dalla salute fisica. Per molte aziende la flessibilità comporta la mancanza di sicurezza del posto di lavoro e delle condizioni di lavoro per i dipendenti. Ne possono inoltre derivare nuovi rischi sul piano dell’igiene del lavoro, come ad esempio lo stress mentale. Le implicazioni di queste nuove forme di lavoro sul piano della sicurezza dei dipendenti, nel senso sia del mantenimento del posto di lavoro che della sicurezza sul lavoro, dovranno essere valutate attentamente. In particolare se ne dovranno valutare gli effetti per quanto concerne le prospettive di sviluppo delle lavoratrici per le quali l’espansione del lavoro flessibile risulta particolarmente significativa.

Stanno emergendo iniziative e soluzioni innovatrici per incoraggiare la creazione di nuovi tipi di aziende, in particolare piccole aziende e microimprese. Con lo svilupparsi di queste fonti di occupazione occorre esaminarne le implicazioni per quanto concerne lo status dei lavoratori. Gli aspetti della sicurezza sociale, giuridici e quelli sul piano della sanità e sicurezza in molte forme emergenti di occupazione risultano incerti e sono particolarmente ambigui nel caso dei lavoratori autonomi. In alcuni paesi dell’UE si stanno prendendo iniziative per chiarire lo status dei lavoratori autonomi obbligando gli imprenditori a dimostrare che le persone che lavorano per loro non sono lavoratori direttamente subordinati o trattandoli alla stregua di lavoratori subordinati, a meno che essi non siano iscritti quali lavoratori autonomi.

La questione dello status dev’essere chiarita in tutta l’UE. Potrà essere necessario ampliare il campo di applicazione della normativa del lavoro e della sicurezza sociale onde tener conto dei telelavoratori autonomi, oppure si dovranno varare norme specifiche che ne tengano conto. Non è ancora chiaro in che modo si potrà raggiungere questo equilibrio e resta ancora da determinare la natura esatta dell’equazione. Tuttavia, una delle principali priorità della politica dell’UE dev’essere, per il tramite dei Fondi strutturali comunitari, lo sviluppo di sistemi di protezione dei lavoratori nel contesto delle prassi lavorative flessibili.

RACCOMANDAZIONI

5c. Verso la sicurezza nei sistemi di lavoro flessibili

Bisogna raggiungere un equilibrio tra la sicurezza del posto di lavoro e la sicurezza dei lavoratori. In particolare si dovranno esaminare nuove forme di rapporto contrattuale, di protezione del posto di lavoro e di partecipazione dei lavoratori sia ad opera della Commissione europea che delle parti sociali negli e tra gli Stati membri. Le conclusioni da essi raggiunte, unitamente alla relazione del Parlamento europeo sulla riduzione e l’adattamento dell’orario di lavoro, dovrebbero servire ad ispirare la politica della Commissione in tale ambito.

5d. Affrontare i nuovi rischi per la salute dei lavoratori

Occorre adattare le TIC ai lavoratori sul posto di lavoro e non viceversa. In termini più generali, i molti aspetti sul piano della salute e della sicurezza mentale legati al lavoro devono essere maggiormente tenuti presenti nella concezione e realizzazione delle TIC in tutti i posti di lavoro, compreso il domicilio, al fine di consentire un adeguamento morbido ai mutamenti dei modelli lavorativi che ne derivano. Allorché si attuano modelli lavorativi ad alta intensità di TIC si dovrà fare in modo di utilizzare appieno le attuali conoscenze scientifiche in materia di sanità e sicurezza del lavoro, compresi i dati sull’organizzazione del lavoro, l’ergonomia e la psicologia del lavoro. Inoltre, si dovrà prendere debitamente in considerazione il principio della partecipazione al fine di agevolare la realizzazione delle TIC. È dimostrato che quanto più precoce è il coinvolgimento degli utilizzatori (e, in alcuni casi, dei clienti), tanto maggiore è l’accettabilità e la produttività nell’uso delle TIC.


4. La SI e le forme di telelavoro

Il telelavoro è forse una delle più discusse forme emergenti di organizzazione del lavoro nella SI. Esso si basa sull’uso delle TIC e può significare lavorare a domicilio o a partire da un ufficio tradizionale, svolgere un lavoro mobile grazie alle tecnologie portatili o lavorare a partire da un centro di servizi di telecomunicazione (telecottage). Il telelavoro presenta molte nuove opportunità. In anni recenti la Commissione ha intrapreso diverse attività per promuoverne lo sviluppo. Trattandosi però di uno dei principali nuovi modelli di lavoro che prenderanno piede nella SI, si dovrebbe intraprendere un’azione concertata per assicurare che ciò avvenga in un contesto tale da ridurne al minimo le implicazioni negative.

In linea generale auspicheremmo che il dibattito sul telelavoro fosse di qualità molto più elevata. Il processo di riesame della base giuridica e sociale dovrebbe avvenire in modo tale da sensibilizzare il pubblico sul telelavoro al fine di conferire ai telelavoratori potenziali e ai dirigenti aziendali una migliore conoscenza dei vantaggi e degli svantaggi insiti nelle sue diverse forme.

Sebbene si stiano già sviluppando diverse forme di telelavoro senza essere state oggetto di una promozione particolare, considerazioni ambientali e la necessità di coordinare un’ampia gamma di iniziative locali, urbane, regionali e nazionali potranno richiedere in futuro strategie più sistematiche di espansione e promozione del telelavoro nell’UE. Né le strategie generali dei governi né la fissazione di obiettivi quantitativi potranno essere di grande utilità. In definitiva, lo sviluppo del telelavoro dipende all’iniziativa delle imprese e dei singoli individui. La Commissione può tutt’al più recare il suo contributo promuovendo sperimentazioni al fine di illustrare come esso funzioni nella prassi e indicare l’importanza di (ri)creare reti sociali locali che coinvolgano le parti sociali.

RACCOMANDAZIONE

5e. Dalla promozione del telelavoro alla sua integrazione nella società

Auspichiamo che i sistemi di regolamentazione vengano aggiornati onde tener conto dei telelavoratori, in particolare i telelavoratori autonomi, in modo da conferire loro la stessa tutela di cui fruiscono i lavoratori in posti di lavoro convenzionali. La legislazione dovrebbe creare condizioni neutrali per diverse forme di telelavoro nell’ottica sia delle aziende che degli individui. Gli accordi collettivi dovrebbero comprendere anche gli aspetti del telelavoro e si dovrebbe rafforzare la solidarietà dei telelavoratori, in particolare dei lavoratori a domicilio, mediante forme innovative di organizzazione collettiva. La convenzione e la raccomandazione sulla protezione dei lavoratori a domicilio della Conferenza internazionale del lavoro del 1995 potrebbe costituire un modello potenziale per linee guida europee. Raccomandiamo che l’Ue documenti i casi di buona prassi per quanto concerne la contrattazione collettiva e esperienze pratiche e presenti tale materiale alle parti sociali nel contesto del dialogo sociale.

Auspichiamo che venga effettuata una valutazione dettagliata del numero di uomini e donne che svolgono attualmente telelavoro, le attività in cui essi sono impegnati, le abilità richieste e le conseguenze sociali. Tali informazioni dovrebbero ispirare proposte pratiche al fine di evitare che gruppi particolari (ad es. donne) vengano relegati in attività poco qualificate, e si dovrebbe prestare maggiore attenzione al modo in cui vengono soddisfatte le esigenze formative, in particolare nel contesto dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita.

5. Mutamento e negoziazione

Nella SI il dialogo sociale sarà importante per conseguire un equilibrio giusto e sostenibile tra gli interessi dei lavoratori e quelli delle aziende. Gli ambiti principali in cui si dovrà raggiungere questo equilibrio interessano direttamente molti degli argomenti discussi precedentemente: il mutare dei ruoli lavorativi e delle abilità richieste ai dipendenti nella SI; l’introduzione di modelli lavorativi più flessibili e la partecipazione alla messa in atto delle TIC. Un dialogo sociale efficace è fondamentale se si vuol far sì che tali cambiamenti avvengano in modo morbido e con soddisfazione di tutte le parti interessate. Consideriamo il dialogo sociale non alla stregua di un costo che le aziende devono sostenere, bensì quale elemento del processo di elaborazione di strategie del cambiamento tecnico e organizzativo volte a migliorare sia le vite lavorative sia i rendimenti aziendali.

Gli accordi collettivi continueranno a svolgere un ruolo fondamentale nella SI quale necessario contrappeso alla crescente individualizzazione dei contratti. I contratti individuali possono essere maggiormente in linea con le nuove strutture lavorative flessibili, ma possono anche ridurre la solidarietà tra i lavoratori e rendere difficile accertare quali siano le prassi ottimali. Gli accordi collettivi costituiscono quindi un valido quadro entro il quale situare gli accordi individuali, anche se il loro ruolo cambierà via via che si diffonderanno nuove forme di lavoro e nuove prassi lavorative.

RACCOMANDAZIONE

5f. Il dialogo sociale nella SI

Con l’instaurarsi della SI è importante che la Commissione stimoli e sostenga il dialogo sociale a livello comunitario in modo che si compiano sforzi congiunti per superare gli effetti negativi del cambiamento nella struttura dell’occupazione e nei mercati del lavoro. Al centro di tale processo di cambiamento strutturale e organizzativo va situata la partecipazione e la consultazione dei lavoratori.

Riteniamo che la partecipazione dei lavoratori - e non una loro rappresentazione marginalizzata - debba essere un elemento chiave dell’emergente SI. Inoltre, una migliore comunicazione - elemento centrale della nostra visione del mutamento organizzativo nella SI - richiede processi più adeguati per tenere informati i lavoratori e i loro rappresentanti. A tal fine devono essere messi a disposizione dei lavoratori gli strumenti della TIC per consentire loro di comunicare tra di loro e con le direzioni aziendali.

E. Dal tempo per lavorare al tempo per vivere

Una delle caratteristiche più peculiari delle attuali TIC è data dal loro grandissimo potenziale di trasferimento rapido di informazioni digitali. Ciò schiude molte nuove opportunità per produrre in modo più flessibile e per rispondere in modo più rapido ai mutamenti della domanda. In alcuni settori di servizi la velocità di risposta è diventata l’elemento essenziale del valore economico. In altri settori l’interattività, agevolata dalla comunicazione digitale, ha creato nuove opportunità di commercio. È vero che occorre tempo per sviluppare e mantenere il capitale umano: occorrerà più tempo per riqualificare i lavoratori. Oggi più che mai il tempo è diventato un fattore di produzione essenziale e scarso.

Il tempo però non possiede nessuna delle caratteristiche tradizionali di un fattore di produzione: non lo si può accumulare, non lo si può risparmiare in senso reale. Il tempo trascorso oggi è perso per sempre. Ciò spiega perché, contrariamente alla visione economica semplice, "razionale" secondo la quale via via che il tempo è usato in modo più efficace sul lavoro o in casa le persone si troverebbero in migliori condizioni, in quanto ogni minuto di tempo risparmiato consentirebbe loro di produrre o consumare di più, si assisterebbe oggi ad un vero e proprio "paradosso temporale": via via che le persone hanno infatti più tempo disponibile, vivono più a lungo e lavorano di meno, si fa sempre più diffusa l’impressione che il tempo manchi o incalzi.

Le nuove TIC contribuiscono indubbiamente a determinare in modo significativo questo paradosso temporale. Sul lavoro o nel tempo libero, nella produzione o nei consumi, gli schemi tradizionali di utilizzazione del tempo sono messi in questione e ciò solleva sfide fondamentali per la società, per l’attività economica e per gli individui.

1. Tempo per lavorare

In settori che si occupano della produzione, del trasporto e della distribuzione di beni materiali le nuove TIC consentono una riduzione dei tempi di magazzinaggio tra la produzione e il consumo. Molte di queste peculiarità delle nuove TIC sono legate direttamente alla loro potenzialità di creare reti di fornitori di componenti e materiali, riducendo così i costi di magazzinaggio e i tempi di produzione. Inoltre, certe attività possono essere subappaltate all’esterno in luoghi molto distanti dal punto di assemblaggio o di produzione finale. Nell’ambito dei trasporti e della logistica, le nuove tecnologie consentono una maggiore efficacia e flessibilità nella consegna e nel trasporto di beni. Per quanto concerne la distribuzione, la maggiore flessibilità legata alle nuove tecnologie consente di adeguare maggiormente le scorte alla domanda, riducendo così i costi di magazzinaggio e d’inventario che gravano sulle aziende.

Ma le nuove TIC non solo tendono a ristrutturare le forme convenzionali di produzione: esse mettono anche in questione i concetti invalsi di posto di lavoro e di orario di lavoro. La natura e il ruolo del lavoro subiranno importanti cambiamenti. Sebbene la natura e la portata di tali cambiamenti varino notevolmente da luogo a luogo, le caratteristiche generali saranno date da aumenti del lavoro part-time, dall’imprevedibilità dei tempi di lavoro, da rapporti di lavoro specificamente finalizzati (contratti temporanei e a tempo determinato, ecc...) e dalla proporzione di donne attive oltre ad un calo delle aspettative di un posto di lavoro per tutta la vita.

Sotto certi aspetti l’accresciuta utilizzazione delle TIC intensifica queste tendenze e crea le premesse per nuove politiche volte a migliorare l’integrazione della vita lavorativa nel resto delle nostre vite. Ad esempio, il tasso molto più rapido di obsolescenza delle abilità esistenti pregiudica indubbiamente l’occupabilità dei lavoratori più anziani e potrebbe accrescere la disoccupazione in questa fascia di manodopera. Le persone che interrompono le loro carriere, per lo più donne, trovano sempre più difficile rimanere all’altezza dei mutevolissimi bisogni di qualifiche e si trovano spesso confinate in lavori marginali. Un’economia sempre più basata su prodotti e servizi di alta qualità non può permettersi di confinare una proporzione sempre maggiore di manodopera in lavori marginali e atipici. Se ciò avviene, si dà un’inutile spreco di capitale umano e una riduzione della coesione sociale, e noi riteniamo inaccettabili entrambi questi fenomeni. Un lavoro flessibile lungo tutta la durata della vita può accrescere le opportunità di apprendere, di mantenere l’occupabilità e può contribuire a conciliare le esigenze del lavoro e della famiglia.

RACCOMANDAZIONE

6a. Strutturare in modo flessibile i tempi di lavoro

Orari di lavoro flessibili sono necessari per migliorare l’efficienza, accrescere le opportunità lavorative, promuovere l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e conciliare la vita lavorativa e quella familiare. Noi incoraggiamo strategie più attive nei confronti degli orari di lavoro flessibili e riteniamo sia possibile individuare una serie di misure atte a rendere gli orari di lavoro flessibili interessanti per i lavoratori, ampliando nel contempo le opportunità lavorative in un quadro di negoziazione. La Commissione dovrebbe raccogliere informazioni in merito a studi di casi e misure coronati da successo comprendenti i seguenti aspetti:


2. Tempo per consumare

A differenza di certuni dei tradizionali settori che partecipano alla produzione e distribuzione di beni materiali, la produzione e il consumo contemporanei contraddistinguono molte attività di servizio. È questo aspetto che in generale ha limitato i miglioramenti di produttività in tali ambiti.

Come si è visto sopra, le TIC quasi per definizione fanno sì che le attività di servizio diventano più facilmente commerciabili. Introducendo una dimensione tempo/magazzinaggio la tecnologia dell’informazione renderà possibile separare la produzione dal consumo. È questo che sottende le ampie nuove potenzialità di servizi commerciabili di comunicazione e svago che si rispecchia nell’espansione della multimedialità: il fatto che il consumo di tali servizi non debba avvenire in contemporanea con la produzione fa sì che essi possano essere distribuiti in modo molto più ampio.

Tuttavia, mentre il tipo di capitale implicito nelle nuove tecnologie di produzione è tradizionalmente basato sul risparmio di tempo, il consumo posposto di servizi comporterà un consumo di tempo. In altri termini, la nuova domanda generata dalle TIC non consente soltanto una comunicazione più immediata e una risposta e un’interazione più rapide, ma richiede anche un consumo di tempo ("cronofagia").

RACCOMANDAZIONE

6b. Alla ricerca di tempo

Il dibattito sulla riduzione dell’orario di lavoro dev’essere riesaminato. L’attenzione principale deve passare dalle tematiche legate alla distribuzione del lavoro al problema del tempo addizionale necessario per consumare i nuovi beni e servizi TIC, compresa la formazione e la riqualificazione. Nonostante il relativo benessere materiale della società europea e la disponibilità di numerose forme di elettrodomestici che fanno risparmiare tempo, in molti nuclei familiari si avverte ancora una drammatica carenza di tempo (stimata in media attorno alle 20 ore settimanali) da dedicare alle attività non lavorative.

3. Tempo per vivere

L’impennata della quantità di informazioni disponibili e il tempo necessario per filtrarle rende sempre più importante la gestione del tempo. Stando alle indagini più recenti, mentre i modelli di consumo non sono mutati radicalmente con l’arrivo dei nuovi prodotti, ogni scelta si trova ad affrontare la concorrenza sempre più esasperata di usi alternativi del tempo. La corsa contro il tempo si fa sempre più esasperata via via che i beni finali vengono confrontati con la gamma sempre più grande di altre nuove opportunità. A volte i vincoli di tempo hanno maggior peso di quelli finanziari - questo è sempre stato così per le persone ricche, ma ora il fenomeno sembra estendersi ad una parte ben più grande della società. Un esempio può essere dato dai giovani che trovano sempre maggiori difficoltà a gestire il tempo tra la scuola, lo studio a casa, la televisione, gli svaghi multimediali, gli svaghi fisici e le mansioni domestiche.

È chiaro che le opportunità offerte dalla meccanizzazione e dall’automatizzazione sul lavoro e tra le mura domestiche (lavatrici, lavastoviglie e altri elettrodomestici) nell’ultimo ventennio hanno ridotto il lavoro fisico e hanno contribuito a risparmiare tempo, eliminando diverse prassi non ergonomiche e proteggendo i lavoratori da processi pericolosi e dall’esposizione a sostanze nocive grazie all’uso di telecomandi. Tuttavia, l’attuale corsa contro il tempo legata al fare più cose contemporaneamente e a dare risposte rapide che spesso richiedono l’uso coordinato della vista e di altri sensi, funzioni psicomotorie esatte (sistemi mano-braccio) e quasi tutte le funzioni del cervello umano, creano nuove forme di stress.

Una caratteristica peculiare della SI, quella che potrebbe essere denominata la "società dello schermo e della poltrona" è l’uso costante dello schermo a raggi catodici: sul lavoro, nel tempo libero, seduti davanti alla televisione, a fini culturali, al bancomat, ecc... Molte persone - comprese quelle che hanno problemi fisici come il mal di schiena - passano gran parte della loro vita sempre nella stessa postura: seduti su una sedia di fronte a uno schermo a guardare immagini virtuali. La tendenza generale è verso stili di vita più sedentari con meno tempo per le attività fisiche e maggiori sollecitazioni dei sistemi visivo e muscolo-scheletrico. Questi stili di vita, spesso associati a orari "non fisiologici", una volta che si diffondono in tutti gli strati della popolazione, possono aumentare il rischio di disturbi legati all’inattività come ad esempio l’obesità, disfunzioni muscolo-scheletriche e malattie cardiovascolari. Non è ancora stato scientificamente accertato l’impatto potenziale che le radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti emesse da diverse fonti TIC può esercitare sulla salute, ma attualmente il rischio sembrerebbe molto basso. Inoltre le TIC possono contribuire ad "attivare" le persone mediante iniziative di educazione e informazione in campo sanitario e possono quindi fungere da strumento per promuovere stili di vita sani.

I problemi legati a tali cambiamenti possono essere in parte risolti utilizzando i risultati delle ricerche sulla fisiologia e psicologia umana. Ciò darebbe impulso alle iniziative atte a sviluppare modelli tecnologici e di organizzazione del lavoro antropocentrici invece che "tecnocentrici". A tal fine si dovrà tenere maggiormente conto che in passato delle mentalità e delle esigenze degli utilizzatori. Si noti che ciò non avrà soltanto implicazioni sul piano della salute e della sicurezza, ma si ripercuoterà anche sull’accettabilità delle nuove TIC e sulla produttività dell’investimento nelle TIC.

RACCOMANDAZIONE

6c. Il vivere sano nella società dell’informazione

È il caso di tener presente che, sul piano della sanità pubblica, la SI può essere una lama a doppio taglio. Le TIC e Internet hanno iniziato a modificare la contabilità temporale delle persone e persino i loro ritmi di vita. Tali mutamenti sono paragonabili a quelli intervenuti 40 anni fa con l’arrivo della televisione: mobilità ridotta, diffusione di stili di vita sedentari e lunghi periodi immersi in contesti computerizzati o virtuali, con tutti gli effetti negativi che ciò può avere sulla salute a seguito dell’inattività, il sovraccarico dei sistemi sensoriali, i problemi ergonomici legati all’uso dei videoterminali e il sovraccarico di informazioni. Gli utilizzatori dovrebbero essere adeguatamente informati di questi pericoli potenziali e del modo per evitarli.

Occorre anche conoscere meglio i molteplici modi in cui le nuove TIC consumano tempo e asservono le persone al tempo virtuale, come ad esempio:

In linea più generale, i molti aspetti legati alla sicurezza e alla salute mentale sul lavoro devono essere maggiormente integrati nella concezione e realizzazione delle TIC in qualsiasi posto di lavoro, come anche tra le pareti domestiche, al fine di agevolare un adattamento morbido ai cambiamenti nei modelli lavorativi che ne derivano. Con l’attuare prassi lavorative ad alta intensità di TIC si dovrebbero trovare modi per utilizzare appieno le attuali conoscenze scientifiche in materia di salute e sicurezza del lavoro, compresi i dati sull’organizzazione del lavoro, l’ergonomia e la psicologia del lavoro.

Andrebbero valorizzati appieno i molteplici benefici sul piano della salute, a partire dalla disponibilità di una migliore informazione in campo sanitario, dai nuovi strumenti di informazione e educazione alla salute e di autoterapia. Inoltre, sia gli effetti fisici della SI tutta "schermo e poltrona" (stress, mal di schiena, emicranie, problemi della vista, ecc...) e la possibile graduale atrofizzazione di certi sensi come il tatto e l’olfatto a seguito dell’uso intensivo di immagini virtuali, dovranno essere oggetto di investigazione.

F. Globalizzazione

Una delle caratteristiche più radicali delle nuove TIC consiste nella lora capacità di fornire un accesso rapido, interattivo e economico a livello internazionale. È vero che può apparire esagerato parlare di una SI "globale" in un mondo in cui metà della popolazione non ha accesso ai servizi telefonici, resta il fatto però che la tendenza ad un accesso mondiale è insita nella capacità delle TIC di codificare l’informazione e le conoscenze al di là delle distanze e del tempo. La globalizzazione è stata più rapida in un ambito come quello della finanza, in cui essa è stata accompagnata da un processo istituzionale di liberalizzazione e di deregolamentazione ormai quasi completo: il capitale finanziario è diventato essenzialmente un fattore di produzione internazionalmente mobile. Nell’industria tradizionale il calo dei costi di comunicazione e informazione ha ulteriormente incrementato la trasparenza internazionale dei mercati ampliando quindi le potenzialità di trasferimento internazionale di aziende. In ambiti come quello dei servizi le nuove TIC consentono per la prima volta in molti casi un accesso "globale" poco costoso a regioni dalla manodopera a basso costo e ciò agevola il trasferimento di diverse funzioni e attività di servizi rutinarie. Le imprese e le organizzazioni hanno scoperto i vantaggi dei differenziali internazionali dei costi salariali in ambiti precedentemente circoscritti sul piano della commerciabilità internazionale.

In altri termini, le TIC contribuiscono sia alla trasparenza economica che, facendo emergere i vantaggi che presentano ubicazioni alternative sul piano dei costi, alla mobilità del capitale internazionale e all’affidamento internazionale in subappalto di particolari attività. Inoltre, come si è visto in maggior dettaglio nella sezione C, le TIC hanno anche un impatto positivo sull’accesso internazionale all’informazione e alla conoscenza codificata. La conoscenza codificata, compresa la conoscenza economica dei mercati cui si accennava sopra, in un certo senso sta diventando disponibile a livello internazionale. Mentre la capacità locale di usare o elaborare tale conoscenza può variare notevolmente, il potenziale per accedervi esiste. Le TIC quindi fanno emergere le potenzialità di recuperare posizioni, grazie alla trasparenza economica dei vantaggi e ribadendo i fondamentali elementi impliciti e le altre competenze richieste per accedere alla conoscenza codificata internazionalmente.

Unitamente agli importanti sforzi compiuti sul piano educativo in molti paesi dell’Europa orientale e in alcuni grandi paesi asiatici, le TIC costituiscono un’importante trasformazione strutturale a livello globale. È importante in questo contesto ribadire sin dall’inizio che una società dell’informazione più trasparente, senza frontiere, globale potrà comportare vantaggi significativi per il mondo intero. In una certa misura, le nuove TIC danno realtà al sogno degli economisti internazionali di un’economia globale più trasparente in cui gli incentivi economici consentono ai paesi di convergere più rapidamente e di porre in atto una più equa ripartizione dello sviluppo su scala mondiale. Nello stesso tempo però la velocità del processo di globalizzazione solleverà probabilmente alcune importanti sfide strategiche, soprattutto in Europa. Qualora se ne sottovalutasse l’importanza o lo si considerasse esulare dal controllo delle politiche nazionali, questo processo potrebbe suscitare resistenze ancora maggiori, con tutti i pericoli che ciò implica di un’Europa più chiusa e concentrata su sé stessa oppure con il pericolo di scaricare sulle fasce più deboli della forza lavoro il peso dell’adattamento sotto forma di licenziamenti o riduzioni salariali. Il riconoscimento delle sfide politiche che la crescente globalizzazione unita all’uso delle TIC solleva per l’Europa impone ai decisori politici di cercare attivamente i modi e gli strumenti per integrare nella società i benefici menzionati piuttosto che presentare la globalizzazione quale una minaccia cui la società deve adeguarsi.

Richiamiamo l’attenzione dei lettori su due di queste sfide politiche che, ai nostri occhi, sono d’importanza fondamentale per l’Europa: le implicazioni sul piano della crescita occupazionale e quelle che interessano i sistemi nazionali di tassazione e quelli di previdenza sociale.

1. I posti di lavoro in Europa e l’emergere della società dell’informazione globale

L’uso delle nuove TIC determinerà probabilmente mutamenti radicali sul piano dell’occupazione in Europa, particolarmente nel settore dei servizi e negli ambiti e nelle professioni che finora non sono state esposte alle forze dell’automazione e della computerizzazione. Il settore dei servizi, cui oggi è da ascriversi più del 60% dell’occupazione complessiva nell’UE, è stato tradizionalmente "protetto" dalla concorrenza internazionale e nel corso degli anni 60 e 70 ha assorbito la maggior parte degli esuberi dell’industria e dell’agricoltura.

Alcuni studi hanno preannunciato un’importante creazione di nuovi posti di lavoro a seguito della rapida diffusione delle TIC e della liberalizzazione dei mercati delle telecomunicazioni. Pur non avendo motivo per respingere direttamente queste stime approssimative, non vediamo nessuna ragione per pensare che l’insoddisfacente resa dell’Europa sul piano occupazionale negli ultimi sei anni - che in effetti sono stati un periodo di crescita senza creazione di posti di lavoro - dovrebbe improvvisamente subire una inversione di tendenza con l’avvento delle TIC. Com’è stato scritto di recente su The Economist, il vantaggio comparativo dell’Europa risiede essenzialmente in prodotti e professioni del passato; la sua specializzazione in settori ad alta richiesta e ad alta tecnologia rimane limitata. Per trasferire questo vantaggio comparativo ai nuovi settori TIC occorreranno sforzi prolungati per ravvivare lo spirito imprenditoriale, in particolare per mezzo di adeguati incentivi finanziari e fiscali e di forme di sostegno alla creazione e allo sviluppo di nuove PMI in tali settori. Il "Libro verde sull’innovazione" ha già messo in luce l’ampia portata di queste sfide strategiche.

Le nuove TIC offrono in realtà tantissime opportunità per creare nuove forme di lavoro: nell’ambito di occupazioni ad alto valore ad alta qualifica, nelle nuove industrie ad alta intensità informativa nonché nel settore multimediale, nelle nuove microimprese che sono il terreno di coltura di un’imprenditorialità creativa, nei nuovi posti di lavoro ad alta intensità informativa e in molte professioni tradizionali che comportano un contatto umano e che hanno a che fare con gli aspetti legati all’assistenza e alla collettività in relazione al lavoro o al di fuori di esso. Molte delle raccomandazioni formulate nelle precedenti sezioni andrebbero esaminate in questo contesto di promozione delle opportunità di creazione di posti di lavoro insite nella SI.

Ma perché questi nuovi lavori e queste opportunità di crescita possano emergere in Europa occorre, a nostro avviso, definire un quadro sociale di minima concordato assieme. Le nuove TIC e l’aumentata trasparenza dei costi di produzione che esse dovrebbero determinare non possono essere usate essenzialmente per trasferire attività di produzione e di servizio onde evitare i costi sociali - compresi i contributi della previdenza sociale e altri costi fiscali in determinati luoghi - e per approfittare della mancanza di tali disposizioni in altri paesi. Il fatto di evitare costi sociali e fiscali ha poco a che vedere con un vantaggio comparativo. Se non vi si pone freno ciò potrebbe determinare un circolo vizioso di "adeguamento" verso il basso della politica sociale in Europa, creando una competizione da parte degli Stati membri e delle regioni per ridurre l’erogazione di prestazioni sociali. Se si considera l’assenza di adeguamenti dei tassi di cambio nella futura unione economica e monetaria ciò rappresenterebbe, con il vantaggio aggiuntivo di una scarsa pressione inflazionaria, la forma estrema di integrazione negativa: armonizzazione a forza di erosione. Se non ci si accorda su una serie di standard comuni di minima nel campo della politica sociale, si finirà per assistere all’erosione dei diversi sistemi di previdenza sociale in Europa.

Queste preoccupazioni sull’impatto sociale delle nuove TIC non sono limitate ovviamente alla sola Europa. Come si è osservato in precedenza, l’impatto mondiale e intersettoriale delle TIC fa crescere le spinte verso il cambiamento strutturale e quello che potrebbe essere denominato una "distruzione creativa". Anche in questo caso, la liberalizzazione dei mercati delle telecomuncazioni e l’eliminazione delle tariffe in tutto il mondo, come dal recente accordo di Singapore, non possono essere l’unico progresso registrato a livello internazionale. La piattaforma globale che occorre perché possa emergere la società dell’informazione globale richiede inoltre l’adesione ad alcune regole sociali di minima come ad esempio le sette convenzioni fondamentali dell’OIL.

Il monitoraggio e la realizzazione di una dimensione sociale nell’ambito della liberalizzazione degli scambi è ovviamente una tematica che è stata in primo piano nell’ambito di molti dibattiti politici, il che esula dalla portata della nostra relazione. Anche in questo caso però le TIC offrono opportunità per la realizzazione di strumenti di monitoraggio e controllo più trasparenti e di facile attuazione. In effetti, perché si dovrebbero limitare i vantaggi di trasparenza determinati dalle nuove TIC ai soli produttori? I consumatori nazionali sono diventati col tempo una lobby potente che rifiuta i processi produttivi o i materiali usati in un particolare prodotto con appelli espliciti al boicottaggio. Le imprese, d’altro canto, diffidano della soggettività delle informazioni diffuse da vari gruppi di pressione in merito a particolari prodotti. Proprio come questa necessità di un’informazione migliore, armonizzata ha portato all’utilizzazione diffusa di etichette "verdi" sui prodotti, ci si può immaginare come un simile complesso di formazioni sulle condizioni lavorative e sociale potrebbe venire codificato in una qualche forma di "etichetta sociale" apposta su prodotti e servizi, consentendo ai consumatori di fare delle scelte più consapevoli.

RACCOMANDAZIONI

7a. Promuovere la crescita occupazionale nella società dell’informazione

Secondo il GEAL occorre urgentemente in primo luogo coordinare le politiche volte a valorizzare i benefici potenziali delle nuove SI sul piano dell’occupazione - a partire dalle diverse proposte politiche per incoraggiare lo spirito imprenditoriale al sostegno alle nuove PMI - e, in secondo luogo, avanzare rapidamente (ad esempio nell’ambito della CIG), almeno parallelamente al progredire della UEM, verso un quadro comune minimo per una politica sociale europea. Ciò lascerebbe agli Stati membri, conformemente al principio di sussidiarietà, la libertà di avere/mantenere/sviluppare le loro politiche sociali sofisticate creando nel contempo una piattaforma di standard sociali di minima validi in tutta l’Europa. Se non si ottenessero risultati positivi nel merito in una SI sempre più trasparente, è facile predire l’erosione della varietà dei sistemi previdenziali europei e il progressivo smantellamento della coesione sociale e regionale.

7b. Verso una piattaforma sociale globale

Mentre gran parte delle politiche internazionali si sono concentrate sulla necessità di una liberalizzazione globale dei prodotti e servizi TIC per assicurare mercati più competitivi, più aperti e più trasparenti, relativamente pochi progressi si sono compiuti dal vertice sociale di Copenhagen per quanto concerne la realizzazione, il monitoraggio e il controllo di una base minima di standard sociali. Tale dibattito dev’essere ravvivato facendo in parte leva sulla maggiore trasparenza assicurate dalle TIC in termini di informazione dei consumatori sulle condizioni di produzione "sociali". Proprio come la trasparenza globale risulterà a vantaggio del benessere economico in termini di prezzi più bassi e di una migliore distribuzione internazionale di risorse, essa potrebbe anche migliorare la sfera sociale realizzando miglioramenti nelle condizioni sociali e lavorative.

2. I sistemi previdenziali e fiscali nazionali e l’emergente SI globale

L’emergente società dell’informazione globale non soltanto rende i differenziali internazionali relativi ai tradizionali fattori economici di produzione, come ad esempio i salari, più trasparenti, ma evidenzia anche i differenziali internazionali per quanto concerne la fiscalità diretta e indiretta e i contributi della previdenza sociale.

In diversi settori, come quello del commercio elettronico, ci si può chiedere se gli attuali sistemi di consumo e di imposizione sul volume di affari (nell’UE si tratta dell’IVA) siano ancora del tutto adeguate in una SI globale. In passato, era possibile seguire le tracce e tassare i beni materiali che venivano distribuiti e consumati. Con l’emergere della SI globale l’attività economica si concentra sempre di più in transazioni globali intangibili informatizzate, alcune delle quali sono invisibili e di cui solo una parte è rintracciabile e viene usata alla fine o incorporata in beni materiali e servizi. Emerge quindi il sospetto che parte degli aumenti di produttività e i benefici per i consumatori derivanti dalle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione abbiano fatto perdere le loro tracce tra le maglie delle reti globali e non si rispecchino in prezzi più bassi o in profitti o salari maggiori.

Il GEAL ritiene che si debbano effettuare ulteriori ricerche in merito alla fattibilità di adattare i regimi fiscali esistenti o di sviluppare sistemi alternativi maggiormente in linea con la natura globale della SI e con la natura sempre più intangibile dei beni e servizi commercializzati. In ambiti come quello dei teleacquisti, in cui beni e servizi continuano ad essere fisicamente spediti e commerciati, le forme esistenti di imposizione sul consumo possono essere ancora appropriate, anche se andrebbero riformulate e/o armonizzate. Per quanto concerne invece lo scambio di servizi informativi intangibili, in relazione ai quali è difficile stimare o controllare le nozioni di valore, si potrebbe dover basare l’imposizione sull’intesità della trasmissione elettronica, ad esempio mediante una "tassa per bit". Inoltre in ambiti come il trasferimento internazionale dei flussi finanziari e di capitale occorreranno alla fin fine clausole più rigorose in merito ai paradisi fiscali se i governi vogliono evitare l’utilizzazione generalizzata e diffusa di tali opportunità d’evasione fiscale. In tutti e tre i casi i governi potrebbero trovarsi davanti alla necessità di reperire nuovi intermediari incaricati dell’esazione per seguire gli scambi informatici, di beni e servizi, tutelando e garantendo nel contempo la privacy delle persone. Anche nel primo caso, il ruolo tradizionale del dettagliante o del grossista di esattore dell’IVA o dell’imposta sul volume d’affari perderà probabilmente di importanza.

I governi europei dovrebbero essere preoccupati per lo spazio che le nuove TIC lasciano all’evasione fiscale. Il gettito fiscale derivante dall’imposizione sui redditi o sul capitale si è già ridotto in misura significativa in tutta l’UE. In molti paesi europei le entrate costituite dall’imposta sul consumo (IVA e accise) potrebbero subire ora un’erosione sostanziale. Nel contempo molti governi europei si trovano ad affrontare il fatto che il finanziamento dei loro sistemi di previdenza sociale, che finora è stato strettamente correlato all’occupazione tramite i contributi versati dagli imprenditori e dai lavoratori, viene anch’esso indebolito.

Ciascuno di questi ambiti richiede indagini e ricerche al fine di identificare sistemi alternativi di tassazione e possibili adattamenti dei sistemi esistenti al fine di adeguare la fiscalità all’emergente società dell’informazione globale e in determinati casi di intraprendere un’azione politica.

RACCOMANDAZIONE

8. Mantenere i cespiti fiscali nazionali in un contesto che diventa via via più globale

Occorre adattare la fiscalità alla mutevole struttura economica della società dell’informazione tenendo conto della crescente importanza della trasmissione di informazioni. Nella SI internazionalmente mobile gli Stati membri si troveranno ad affrontare in modo sempre più massiccio il problema delle diverse forme di evasione della fiscalità diretta e indiretta. Via via che i beni e i servizi, compresi i flussi finanziari, diventano più mobili, la base delle entrate erariali subisce una decurtazione in certi ambiti. Se è vero che accordi bilaterali tra gli Stati membri possono contribuire a tamponare determinate scappatoie fiscali, in determinati ambiti, come quello dell’imposta sui redditi da capitale, occorre chiaramente una strategia europea più mirata. Nel caso delle imposte sul consumo (IVA) occorrerà prendere in esame l’eventualità di condurre ricerche su sistemi alternativi di tassazione. La tassa per bit potrebbe costituire una di tali alternative, anche se la sua configurazione e la sua attuazione richiedono uno studio più approfondito. Via via che le economie europee vengono maggiormente influenzate dalla produzione, dalla distribuzione e dal consumo globale di beni e servizi intangibili, è il caso di chiedersi in quale misura i nostri sistemi attuali di imposizione sul consumo siano ancora adeguati.

G. Far partecipare tutti: le sfide della coesione

La questione dell’inclusione, vale a dire della partecipazione di tutti, è un elemento centrale della SI emergente. Per noi l’inclusione - quella che nel gergo europeo è più comunemente definita "coesione" - rappresenta la misura in cui un individuo è in grado di partecipare alla società. Che essi siano ricchi o poveri, che vivano alla periferia o al centro, in una futura SI gli individui saranno sperabilmente in grado di svolgere appieno il loro ruolo nella vita sociale della collettività. Auspicabilmente la SI dovrebbe contribuire a ridurre l’esclusione, non ad aumentarla.

Il Libro verde "Vivere e lavorare nella società dell’informazione: Priorità alla dimensione umana" esprime la preoccupazione che le nuove TIC aumentino anziché ridurre le diseguaglianze esistenti, con il rischio che si sviluppi una società a due velocità che privilegi coloro che dispongono delle informazioni rispetto a coloro che ne sono esclusi.

1. Inclusione sociale

La questione della coesione sociale nell’emergente SI costituisce un problema ampio e complesso. Le TIC dovranno indubbiamente svolgere un ruolo importante per contribuire a far emergere collettività più coesive e integrate, creando opportunità per ovviare all’esclusione dei gruppi svantaggiati o marginali. Nel contempo tuttavia molte TIC sono ancora di uso complesso; l’accettazione sociale può essere incrementata soltanto compiendo maggiori sforzi per coinvolgere gli utilizzatori nella loro progettazione e realizzazione.

Non vi è nulla di automatico nel modo in cui diverse persone aventi diverse capacità o un diverso background educativo accedono o possono reagire alle nuove opportunità date dalle TIC. Il timore di una recrudescenza dell’esclusione sociale è legato ai molti problemi che i gruppi "svantaggiati" (come i disabili e gli anziani, i disoccupati e gli immigranti) si trovano ad affrontare nella loro partecipazione quotidiana all’attività economica. Una concezione relativamente statica parte dal presupposto che gli attuali problemi di esclusione di tali gruppi rimarranno essenzialmente invariati nella futura SI. La visione più ottimistica invece pone in rilievo le opportunità che le nuove TIC offrono ai gruppi attualmente esclusi e tenta di identificare casi in cui le TIC potrebbero avere un effetto reale di emancipazione consentendo a tali gruppi di superare i loro handicap. Questo dibattito trascura però di menzionare che tali opportunità, tranne poche eccezioni, non si presenteranno per il solo effetto delle forze di mercato. I gruppi esclusi, come suggerisce il termine stesso, non costituiscono in genere "gruppi di consumatori" che presentano interesse in un’ottica commerciale.

Nel contempo è il caso di esaminare seriamente il pericolo che la SI aumenti l’isolamento individuale anche se vi sono segnali del manifestarsi di nuove forme di convivialità e di interazione umana attorno a queste nuove tecnologie. Altrettanto importante è il modo in cui l’ambito virtuale creato dalle nuove tecnologie altera la nostra percezione della realtà concreta. In entrambi i casi occorre una conoscenza più approfondita degli effetti reali delle TIC che vada al di là della mera speculazione teorica.

A nostro avviso è essenziale che le persone, e in particolare i gruppi emarginati, non siano obbligate ad adeguarsi alle nuove tecnologie, ma che al contrario le tecnologie vengano meglio adattate ai bisogni umani. La SI non dovrebbe creare nuove categorie di esclusione, bensì migliorare l’integrazione sociale e la qualità della vita.

RACCOMANDAZIONI

9a. Accrescere la partecipazione sociale

Le diverse possibilità per incentivare lo sviluppo e l’adozione delle applicazioni TIC al fine di migliorare la partecipazione sociale e la qualità della vita andrebbero esaminate più nel dettaglio e perseguite attivamente. Si dovrebbe riservare un’attenzione particolare alla messa a disposizione e all’adattamento delle TIC nei settori in cui è improbabile che il mercato soddisfi i bisogni che li caratterizzano. Il coinvolgimento dei gruppi bersaglio nella concezione, nello sviluppo e nella realizzazione di tecnologie è un elemento critico, come lo è anche la partecipazione degli organismi di volontariato e delle ONG che rappresentano tali gruppi.

9b. Evitare l’esclusione/tener conto di bisogni specifici

Un particolare rilievo politico dovrebbe essere dato ai gruppi attualmente esposti a un elevato rischio di esclusione e ai quali gli strumenti delle nuove TIC potrebbero fornire opportunità di reinserimento. È il caso ad esempio degli anziani, dei prepensionati, dei pensionati "attivi" e dei disoccupati. Prima però di avviare un’azione politica mirata di tale consistenza si devono analizzare e meglio conoscere i bisogni specifici di tali gruppi. In particolare, si dovranno apportare adattamenti ai sistemi educativi in modo da tener conto dei loro bisogni e interessi non professionali al momento del passaggio alla SI.

9c. Mettere a disposizione delle parti sociali strumenti tecnologici

Per consentire la partecipazione di tutti alla SI bisognerà venire incontro alle parti sociali. La Commissione dovrebbe incoraggiare accordi tra le organizzazioni di categoria e le imprese al fine di facilitare l’uso dei sistemi tecnologici e delle risorse aziendali da parte dei rappresentanti dei lavoratori, in particolare dei rappresentanti sindacali.

2. Aumentare l’occupabilità

Una delle caratteristiche particolari della SI è che essa possiede le potenzialità per aprire l’accesso all’occupazione a fasce della collettività svantaggiate rispetto ai posti di lavoro e ai sistemi lavorativi tradizionali. Con il diffondersi dell’uso delle TIC, come del resto con l’introduzione di qualsiasi nuova tecnologia, è probabile che si verifichino cambiamenti nei ruoli tradizionali dei gruppi vincenti e di quelli perdenti. Certi gruppi della società possono avere difficoltà a trovare lavoro nella futura SI. In generale si registra un calo della domanda di persone a bassa qualifica e tale tendenza appare destinata a consolidarsi via via che le TIC si diffondono. Altri fenomeni, come l’aumentata tendenza alla ristrutturazione delle organizzazioni e i prepensionamenti obbligatori ad esempio, contribuiranno a far lievitare i tassi di disoccupazione tra certi gruppi. Occorrerà intervenire non solo per ridurre l’impatto delle forme attuali di esclusione, ma anche per sviluppare meccanismi per integrare quelli tra i perdenti potenziali che appaiono maggiormente penalizzati. Si può fare ovviamente ricorso ai fondi europei esistenti, come il Fondo sociale europeo (FSE), che potrebbero essere riorientati per affrontare queste "nuove" tematiche.

I riesami effettuati di recente delle politiche attive del mercato del lavoro mettono in causa l’impatto di sistemi di formazione di massa e di esperienze lavorative sull’occupabilità. Emergono indicazioni del fatto che tali iniziative devono essere accuratamente mirate per soddisfare i bisogni diversi di gruppi diversi. In particolare, si devono sviluppare meccanismi per integrare le persone meno qualificate in modo da consentire un graduale miglioramento delle loro abilità, facendole uscire in tal modo da una condizione di disoccupazione di lunga durata.

Come si è discusso in precedenza nella sezione 1, molte persone occupate avranno anch’esse bisogno di aiuto per rimanere occupabili alla luce del rapido mutamento tecnologico, del declino di molti settori e occupazioni tradizionali e dell’emergere di nuove culture del lavoro. Le aziende possono trovare difficoltà a migliorare tempestivamente le abilità della loro manodopera per restare competitive e in molti casi si dovranno aiutare le persone che incontrano problemi nella transizione dalle vecchie prassi e tecnologie alle nuove. Come si è avuto modo di osservare in altri punti di questa relazione, le tecnologie diventano più giovani, mentre la manodopera invecchia. La formazione continua basata sul posto di lavoro non è più sufficiente, ciò che occorre è una migliore integrazione del mercato del lavoro interno e di quello esterno per migliorare la posizione dei singoli membri della forza lavoro.

L’obiettivo finale a lungo termine dovrebbe essere di creare istituzioni efficaci del mercato del lavoro che adottino un approccio all’occupabilità imperniato su tutto l’arco della vita e rispecchino i tentativi in corso di creare nuovi sistemi di apprendimento durante tutta la vita. Alcuni paesi danno già grande rilievo alla consulenza in materia di occupazione e formazione quale elemento chiave nelle carriere lavorative. Tali sistemi dovrebbero essere erogati in forma più coordinata e sistematica al fine di sviluppare le capacità delle persone in tutto l’arco della loro vita, affinché esse possano soddisfare la continua domanda di nuove abilità che contraddistinguerà la SI. In tale ambito i servizi di collocamento imperniati sulle nuove TIC che sono già attivi andrebbero incoraggiati in quanto recheranno un importante contributo all’apertura e alla flessibilità. L’introduzione di tali sistemi solleva però nuovi problemi di accesso e di equità e dobbiamo ribadire l’importanza del "lato umano" allorché si aiutano le persone a pianificare le loro strategie di formazione e di occupazione. Nella SI questo ruolo di orientamento è probabilmente destinato ad acquistare importanza.

RACCOMANDAZIONE

9d. Verso un Fondo sociale europeo incentrato sull’occupabilità

A nostro avviso il Fondo sociale europeo dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale all’inizio del prossimo millennio dimostrando come politiche attive del mercato del lavoro possano adattarsi alle sfide poste dalla SI. Il FSE verrà chiamato in causa per sostenere sperimentazioni volte ad accertare modi per potenziare l’occupabilità di vari gruppi sociali (come ad esempio lavoratori in esubero, disoccupati di lungo periodo, donne che ritornano sul mercato del lavoro, lavoratori anziani che hanno poca familiarità con le nuove tecnologie, giovani sottoqualificati e così via) nel contesto della SI, soprattutto per quanto concerne: lo sviluppo di nuove forme di formazione e apprendimento basate sulle nuove TIC; l’identificazione di nuove domande di abilità (che comprendono nuovi livelli di base di abilità cognitive e sociali in aggiunta alle nuove competenze tecniche); l’introduzione di modi innovativi per migliorare le abilità esistenti mediante iniziative di formazione e esperienze di lavoro (in particolare coinvolgendo maggiormente i datori di lavoro quali partner nelle strategie di apprendimento impostate sul lungo periodo); e l’ulteriore sviluppo e la promozione di nuovi sistemi di studio e di riconoscimento degli studi aventi carattere incrementale e che siano più aperti e flessibili. Per assicurare che gli interventi sul mercato del lavoro abbiano un forte impatto positivo sull’occupabilità auspichiamo però una valutazione sistematica delle esistenti politiche attive del mercato del lavoro legate alla SI, in particolare i programmi di formazione e di esperienze lavorative, che sono costose e non sempre molto efficaci.

H. La scomparsa delle distanze

La "scomparsa delle distanze" legata alle nuove TIC evidenzia ovviamente le nuove opportunità di crescita e di sviluppo che si presentano alle regioni tradizionalmente penalizzate dalla geografia. Nell’ambito della coesione regionale e della SI emergente è essenziale distinguere tra regioni svantaggiate e regioni periferiche. Le analisi e le politiche che hanno per oggetto questi due tipi di regioni appaiono spesso confluire nella voce "coesione regionale", ma a nostro avviso bisogna fare una netta distinzione tra di esse. Le regioni svantaggiate si trovano ad affrontare importanti problemi di povertà e sviluppo. Le regioni periferiche invece hanno problemi dettati dalla loro posizione geografica. Le politiche regionali devono affrontare le difficoltà specifiche delle regioni svantaggiate e di quelle periferiche.

Come nel caso della coesione sociale è chiaro che, sia per le regioni periferiche che per quelle svantaggiate, il saper cogliere le opportunità di coesione regionale offerte dalla SI non sarà qualcosa di automatico. Per approfittare dei benefici legati alla SI devono realizzarsi diverse condizioni preliminari, la più ovvia delle quali è la possibilità di accesso all’infrastruttura dell’informazione. In passato, l’obbligo del servizio universale (OSU) è stato utilizzato nel tentativo di risolvere il problema dell’accesso alla telefonia. Si dovrà ora elaborare una versione aggiornata di OSU in modo da consentire a tutti un accesso a prezzi sostenibili ai servizi avanzati delle telecomunicazioni. Tale problema è stato al centro di gran parte dei dibattiti politici in Europa. Tuttavia, contrariamente all’esperienza del passato, la questione è ora molto più complessa, visti i rapidi cambiamenti che contraddistinguono la tecnologia delle comunicazioni e il contesto sempre più liberalizzato in cui vengono erogati i nuovi servizi informatici. La semplice estensione dell’OSU in modo da includere le nuove opportunità tecnologiche offerte dalla SI, come ad esempio la disponibilità di un accesso a reti a larga banda in tutti gli edifici, non solo sarebbe estremamente costosa ma presenterebbe anche un rischio di rapida obsolescenza. A nostro avviso occorre individuare un approccio alternativo al servizio universale, meno tecnico e più funzionale.

Ma anche la questione della liberalizzazione e del suo eventuale impatto negativo sullo sviluppo regionale e periferico richiede un attento esame. Le differenze tra le regioni svantaggiate e quelle periferiche sono nuovamente importanti allorché si affrontano le politiche dell’accesso all’infrastruttura informatica. Le regioni svantaggiate presentano spesso elevate densità di popolazione, mentre nelle regioni periferiche si registra il fenomeno contrario. Le carenze in termini di infrastruttura informatica e di uso delle informazioni nelle regioni svantaggiate è spesso connaturata al loro ritardo di sviluppo. Le potenzialità di recuperare tale ritardo sul piano dell’infrastruttura dell’informazione e della comunicazione sono spesso rilevanti: le società che vi intervengono per la prima volta possono essere disposte a fare investimenti in considerazione della grande domanda latente insita in aree ad alta densità di popolazione. Vi sono spesso notevoli prospettive di ridurre i costi e di assicurarsi un profitto. La mancanza di sviluppo di tali regioni non esclude la possibilità di farvi importanti economie di scala. La liberalizzazione dovrebbe rendere i vantaggi potenziali dei fattori di scala e della concentrazione ancora più trasparenti. Se si insiste sull’OSU tuttavia si rischia di pregiudicare queste opportunità commerciali. Se è vero che l’interconnessione delle aree centrali ad alta densità di popolazione in una regione svantaggiata può essere interessante sul piano commerciale, l’obbligo addizionale di fornire un servizio universale potrebbe rendere il tutto non redditizio.

Le regioni periferiche, invece, risentono innazitutto della loro ubicazione geografica. Anche in questo caso le potenzialità presentate dalle TIC di sormontare le distanze potrebbere fornire nuove opportunità di crescita e di sviluppo. Resta il fatto però che la partecipazione attiva di queste regioni in una futura SI dipenderà in modo cruciale dai fattori di accesso e dall’OSU. Considerata la loro ubicazione periferica e la densità di popolazione relativamente bassa, la possibilità che esse traggano vantaggio dalla "scomparsa delle distanze" determinata dalle TIC dipenderà dall’universalità e dalla qualità dell’infrastruttura informatica disponibile. La liberalizzazione in questo caso non sarà necessariamente di aiuto. Le nuove opportunità commerciali che determineranno una più intensa competizione a livello di prezzi e qualità si concentreranno innanzitutto sulle attività che presentano le migliori potenzialità commerciali - le "ciliegine della torta" che però hanno poca rilevanza per queste regioni. In altri termini, l’importanza dell’accesso universale varia a seconda del tipo di regioni. In quest’ottica una direttiva europea relativa a un OSU generalizzato non contribuirebbe effettivamente alla coesione regionale. Le politiche regionali dovrebbero invece concentrarsi su obiettivi molto più specifici ai fini di una maggiore efficacia.

RACCOMANDAZIONE

10a. Verso un servizio universale alla collettività

Invece di impelagarsi in discussioni su standard tecnici di minima, secondo noi il dibattito sul servizio universale andrebbe riorientato sulla funzionalità dei servizi e sulle tecnologie alternative. Come in altri ambiti, noi riteniamo opportuno un dibattito maggiormente orientato sul sociale rispetto all’importanza che viene oggi data agli aspetti tecnologici. In quest’ottica occorre investigare con maggiore dettaglio se, per evitare l’esclusione e mantenere la coesione regionale, l’attuale concetto di servizio universale non dovrebbe essere modificato nel senso di un concetto di un servizio universale alla collettività che estenda l’erogazione del servizio universale in modo da farvi rientrare un livello essenziale di accesso ai nuovi servizi dell’informazione, ma limitato nel suo obbligo di universalità alle istituzioni educative, culturali, mediche, sociali ed economiche delle collettività locali. Questo concetto di servizio universale fondato sulla collettività segnalerebbe in effetti un ritorno al concetto storico di universalità introdotto nel secolo scorso negli Stati Uniti con l’avvento del telegrafo.

10b. Ripensare la politica di coesione regionale

In senso più ampio, occorre un riesame radicale delle politiche di coesione regionale nel contesto della SI emergente, che vada dalle politiche relative alla liberalizzazione delle telecomunicazioni in paesi e regioni periferici allo sviluppo di programmi fatti su misura per soddisfare i bisogni specifici delle regioni in ritardo di sviluppo. I fondi comunitari per lo sviluppo regionale dovrebbero essere più attentamente mirati sulle aree/regioni in cui è difficile che si facciano sentire i benefici della liberalizzazione. Ciò implica l’uso di tali fondi per sostenere politiche regionali ispirate alla domanda colmando nel contempo i "buchi neri" regionali. In tal modo i fondi farebbero emergere con maggiore chiarezza i benefici della maggiore trasparenza dei costi nelle regioni svantaggiate, in particolare nelle aree a maggiore densità di popolazione, e diventerebbero strumenti più efficaci della politica di coesione regionale, concentrando l’aiuto su obiettivi relativamente ristretti per gruppi specifici in zone rurali o remote.

I. La diversità europea - Valorizzare le molteplici società dell’informazione emergenti

Se si riconosce appieno l’importanza degli aspetti sociali della SI emerge in qualche misura la necessità di un più incisivo spostamento delle politiche che travalichi le vecchie economie industriali di scala e i bisogni di armonizzazione normativa associati all’integrazione economica e monetaria. È chiaro che raggiungere un minimo di economie di scala è condizione indispensabile per il successo commerciale di molti servizi e prodotti dell’informazione. Queste economie supereranno spesso di gran lunga quelle che è possibile fare nel caso di beni industriali. La mancanza di un mercato europeo armonizzato per quanto concerne molti di tali servizi costituisce un grande ostacolo non solo alla rapida diffusione dei servizi di informazione ma anche all’emergere di un’industria europea multimediale competitiva.

RACCOMANDAZIONE

11a. Sviluppare un’industria multimediale di qualità

Sembrerà paradossale, ma la politica industriale in tale settore appare necessaria per lo sviluppo di una vitale industria europea dei multimedia e del contenuto. Considerate le grandi economie di scala che si possono fare in molti dei segmenti di mercato dallo sviluppo più rapido, occorre sostenere le "industrie nascenti" in tale settore. A differenza delle tradizionali politiche industriali, la nuova strategia dovrebbe essere imperniata su un approccio integrato che tenga conto della necessità di un settore produttivo europeo forte e diversificato che alimenti il settore della distribuzione. I canali della distribuzione potrebbero avere anch’essi bisogno di regolamentazione a livello subeuropeo per assicurare l’accesso a mass media di alta qualità su tutto il territorio dell’Unione. Più in generale, il rapido sviluppo dell’industria dei mass media richiede ora un programma di azione rapida per promuovere la competitività di prodotti mediali europei di alta qualità incoraggiando nel contempo il pluralismo economico e culturale nel settore.

Ma la sfida fondamentale posta dalla SI europea consiste indubbiamente nella ricerca di competitività basata sulla diversità culturale, educativa e sociale. In quest’ottica, l’emergente SI evidenzia la necessità di un nuovo e diverso processo di integrazione economica in cui l’accento non venga più posto unicamente sulla standardizzazione e armonizzazione di prodotti e servizi, sull’accesso a infrastrutture "aperte" e su una maggiore trasparenza dei mercati in Europa, bensì anche sul riconoscimento e la valorizzazione della grande varietà di gusti, culture e talenti.

In che misura la SI possa trasformare la potenzialità produttiva insita nell’enorme diversità dell’Europa in un vantaggio competitivo è una questione centrale che dovrà essere affrontata nei prossimi anni. Altrettanto importante è capire in quale misura il vantaggio costituito da più di 350 milioni di abitanti si traduce non solo nella soddisfazione dei comuni bisogni materiali e di informazione a prezzi più bassi, ma anche nella forma di creatività produttiva e nella soddisfazione dei bisogni di diversità e varietà nell’ambito della comunicazione e degli scambi. Per tale motivo auspichiamo che la presente relazione venga tradotta in tutte le lingue europee, comprese le cosiddette lingue regionali "meno usate".

RACCOMANDAZIONE

11b. Promuovere un’Europa multiculturale

Una visione multiculturale dell’Europa può essere portata avanti nella SI grazie all’uso delle TIC in quanto elemento di sviluppo culturale, per la trasmissione di idee e artefatti culturali, per incoraggiare contatti diretti tra gruppi diversi (e spesso sparpagliati geograficamente) e per sostenere la natura multilingue della società europea. Si potrebbe continuare la cooperazione con programmi analoghi al di fuori dell’Europa tenendo inoltre presente l’ovvia necessità di coordinare le politiche con gli organi internazionali attivi in tale ambito.

Evidentemente, all’interno dell’Unione europea, la regione o la collettività locale è la tribuna naturale in cui la varietà ha modo di esprimersi più chiaramente. Per tale motivo abbiamo ribadito gli aspetti strategici locali e regionali dell’emergente SI. E questo non solo a causa della nuova potenzialità di sormontare lo spazio e le distanze grazie alle nuove TIC ma anche in quanto la collettività locale e la regione costituiscono la punta avanzata in cui la diversità può essere alimentata, promossa e integrata nella comunità globale, oltre a costituire il serbatoio da cui attingono le istituzioni dell’istruzione e della formazione.

RACCOMANDAZIONE

11c. Dar valore alla dimensione locale

Un passo importante al fine di ravvivare la comunità estesa consiste nel promuovere la produzione e il consumo culturale a livello locale. Si tratta di un aspetto importante che contribuisce a riaffermare la dimensione locale e il senso di appartenenza, a sviluppare la creatività naturale delle persone (soprattutto in zone remote o periferiche) e funge anche da processo educativo. È importante quindi che i servizi culturali siano concepiti in modo da contrastare, piuttosto che assecondare, le tendenze centralizzatrici. Anche in questo caso il luogo naturale dell’espressione culturale è la sfera pubblica e le politiche finalizzate alla SI dovrebbero essere esplicitamente impegnate a sviluppare fori pubblici e occasioni per una valorizzazione congiunta della cultura.

J. Trasparenza e democrazia

Le opportunità di maggiore trasparenza determinate dalle nuove TIC non si limitano soltanto alle variabili economiche. Esse interessano anche molti altri aspetti che si possono raggruppare qui alla voce "democrazia". Abbiamo scelto di enucleare due particolari ambiti di attenzione politica: la tendenza alla concentrazione dei mass media e le sue implicazioni per il pluralismo e l’accesso all’informazione pubblica nonché le maggiori opportunità di una più ampia partecipazione pubblica al processo decisionale politico.

1. Concentrazione dei mass media

I mass media hanno sempre avuto un importante ruolo da svolgere a sostegno del pluralismo e della trasparenza del governo. Ci preoccupa tuttavia il fatto che l’internazionalizzazione e la contemporanea concentrazione dei mass media potrebbe creare carenze di democrazia. L’internazionalizzazione delle operazioni mediatiche trascende in misura crescente le capacità normative delle amministrazioni nazionali e la concentrazione dei mass media potrebbe creare un gruppo privilegiato di abili lobbisti e di attori politici in grado di incanalare l’attenzione dei mass media e quindi del pubblico. Nel contempo si sono evolute certe forme di mass media, come ad esempio Internet, che promuovono il decentramento dell’espressione, rendono più facile per un individuo comunicare un messaggio o la sua opinione a molte altre persone.

L’accesso pubblico a un’informazione neutrale di alta qualità è essenziale per l’adeguato funzionamento della democrazia. Se non dispongono di un’informazione imparziale su quanto avviene nella collettività, nel paese o nel mondo in generale, i cittadini non possono svolgere un ruolo attivo nella gestione della società o fare scelte consapevoli al momento delle elezioni. Le informazioni che riceviamo tuttavia non sono determinate in modo del tutto neutrale e trasparente. La proprietà dei mass media diventa sempre più concentrata: un conglomerato di media può controllare tutta una serie di giornali, di stazioni televisive, di notiziari, ecc. Allorché soltanto poche organizzazioni decidono quali informazioni convogliare al pubblico e non vi è trasparenza su chi possiede i media, potrebbe derivarne un pregiudizio per il pluralismo culturale e politico in Europa. La complessità di queste tematiche fa emergere la necessità di un’organizzazione che analizzi i nuovi problemi legati ai mass media, alla democrazia e alla SI.

Diversi paesi dell’UE hanno varato norme sulla concentrazione dei mass media: questa legislazione dovrebbe essere armonizzata e coordinata a livello europeo innanzitutto per evitare distorsioni di concorrenza tra gli Stati membri. L’UE e il Consiglio d’Europa sono tra le principali organizzazioni internazionali che potrebbero costituire una tribuna per discutere tali tematiche.

RACCOMANDAZIONE

12a. Mantenere il pluralismo

Per assicurare una rappresentazione pluralistica dei mass media, mantenere la libertà di parola e rafforzare il dibattito democratico nell’UE dovrebbe essere creato un Consiglio europeo dei mass media indipendente. Tale organismo avrebbe diversi compiti tra cui quello di osservare gli sviluppi nell’ambito dei mass media, di assicurare la totale trasparenza per quanto concerne la proprietà incrociata dei media, promuovere la discussione e il dibattito su argomenti che riguardano la distinzione tra informazione, conoscenza e intrattenimento, l’influenza dei media sui giovani nonché l’impatto e le conseguenze delle TIC come ad esempio Internet, sui mass media e la politica.

Esprimiamo inoltre il nostro sostegno al progetto di direttiva sulla concentrazione dei mass media in quanto essa aiuterà gli Stati membri, nonostante le tendenze all’internazionalizzazione e alla commercializzazione dei mass media, a sviluppare media propri nelle loro lingue e quindi a salvaguardare l’identità nazionale.

2. Far partecipare tutti: un ampio progetto di democrazia

Le TIC creano nuove opportunità per una maggiore consapevolezza e partecipazione del pubblico alla politica. Vi sono già esempi di amministrazione on-line che accrescono la trasparenza delle procedure di governo e l’accessibilità dei funzionari governativi. Le nuove tecnologie della comunicazione possono facilitare i sondaggi di opinione rendendoli, con la debita prudenza, più completi. Resta il fatto però che si deve ancora identificare il modo migliore per attuare tali sistemi ed esso varierà da luogo a luogo secondo le diverse tradizioni di democrazia in Europa. Vi è inoltre il pericolo che un eccesso di informazione e di dibattito, soprattutto se presentato alla stregua di un discussione teorica condotta sui mass media, diminuisca la serietà degli affari di governo, creando una specie di "democrazia dello spettacolo". Come abbiamo osservato in precedenza per quanto concerne la confusione tra trasmissione dei dati, comunicazione interpersonale e acquisizione di conoscenze, vi è il pericolo di confondere la trasmissione di dati con il dibattito pubblico.

Le nuove tecnologie hanno la potenzialità di ampliare il processo decisionale democratico. Le differenze sul piano educativo, finanziario e occupazionale possono però creare un gap sociale tra coloro che sono in grado di usare le nuove tecnologie per acquisire maggiori informazioni e coloro che non possono farlo. La partecipazione al dibattito sociale dipende dall’accesso all’informazione. Per tale motivo riteniamo si debbano prendere misure per assicurare che i gruppi svantaggiati all’interno della società europea abbiano accesso alle informazioni e ai servizi della SI.

Il solo accesso all’informazione non è però sufficiente. Uno dei compiti essenziali nella SI sarà di usare le TIC per avvicinare maggiormente i governi ai cittadini, soprattutto i giovani. L’arte della politica è spesso considerata dai giovani come qualcosa di lontano, opaco e noioso. Le decisioni che interessano tutte le nostre vite sono prese però in queste cerchie. È quindi auspicabile e necessario trovare modi per rendere i meccanismi della democrazia più trasparenti e conferire loro maggiore importanza agli occhi dei giovani. Inoltre, i cittadini dell’UE devono imparare come usare al meglio i nuovi mass media. I primi passi andrebbero compiuti a scuola illustrando ai bambini e ai giovani il mondo della politica e il ruolo dei media nella formazione dell’opinione pubblica.

RACCOMANDAZIONE

12b. Un progetto di democrazia

Per rafforzare lo sviluppo democratico nella SI, l’UE dovrebbe porre in atto un progetto di democrazia. Gli obiettivi sarebbero di porre in luce il modo in cui le TIC possono:

Ribadiamo in questa sede la necessità di una politica per un servizio universale rivolto alla collettività. Si dovrebbe in tal modo garantire che tutti i membri della società abbiano accesso all’informazione elettronica a partire da istituzioni pubbliche e dai media pubblici. Inoltre suggeriamo che a tutti i membri della società, in particolare ai giovani, venga impartita un’educazione in materia di mass media. Se avranno ricevuto un’adeguata introduzione al funzionamento del settore dei media, al particolare tipo di "realtà confezionata" che tutti i mass media presentano (a seguito della manipolazione elettronica di testi, foto e immagini) e alla distinzione tra fonti affidabili e inaffidabili di informazioni, le generazioni future saranno in grado di assumere un atteggiamento maggiormente critico nell’uso di ogni genere di mass media.

 

 

 

3. Conclusioni

Come indicato alla sezione precedente, la società dell’informazione comporta ben più di un importante cambiamento del sistema tecnologico che sottende le nostre società. Le TIC hanno le potenzialità per influire su ogni aspetto dell’economia e su ampie fasce della vita sociale, culturale e politica. Le sfide strategiche che esse pongono sono analogamente grandi.

Nella presente relazione ci siamo concentrati sulle sfide specifiche legate a questo ampio fenomeno non perché intendessimo in qualche modo sminuire le molte opportunità che le nuove tecnologie potranno offrire in termini di crescita e di occupazione, ma perché l’emergente SI solleva molte importanti questioni politiche e quanto prima queste verranno affrontate, tanto meglio sarà per tutti. Riteniamo che tali sfide vadano al di là della nozione semplicistica di un rapido adeguamento a un futuro dominato dalla tecnologia in cui le persone hanno ben poco da dire.

Ci auguriamo che la panoramica effettuata in questa sede, che ha passato in rassegna le principali sfide politiche cui si trova confrontata la società, faccia avanzare il dibattito sulla SI al di là delle descrizioni futuristiche e specialistiche sulle nuove potenzialità tecnologiche delle TIC e aiuti i decisori politici ad affrontare le numerose e urgenti problematiche che essa comporta.

Allegato I

Elenco di documenti di ricerca

The Use of ICTs in Large Firms: Impacts and Policy Issues (L’uso delle TIC nelle grandi aziende: impatti e problematiche strategiche)
Mark Hepworth & John Ryan

Work Reorganisation (Riorganizzazione del lavoro)
Gerhard Bosch, Karl-Heinz Rödiger & Hans-Jürgen Weissbach

Employment in the IS: Analytical and Policy Challenges (L’occupazione nella SI: sfide sul piano dell’analisi e delle strategie)
Pascal Petit & Luc Soete

Big Futures for Small Firms? SMEs and the IS (Un grande futuro per le piccole imprese? Le PMI e la SI)
Mark Hepworth & John Ryan

Towards the Learning Labour Market: Labour Market Policy in the Information Society
(Verso il mercato del lavoro che apprende: la politica del mercato del lavoro nella società dell’informazione)

Hanne Shapiro, Ken Ducatel & Teresa Rees

Gender and ICTs (Il ruolo di uomini e donne e le TIC)
Juliet Webster

Regional Development in the IS: a Review and Analysis (Lo sviluppo regionale nella SI: esame e analisi)
James Cornford, Andy Gillespie & Ranald Richardson

ICTs in Education and Training (Le TIC nell’ambito dell’istruzione e della formazione)
Gill Kirkup & Anne Jones

Health and the Information Society (La sanità e la società dell’informazione)
Jorma Rantanen & Suvi Lehtinen

The Impact of the Information Society on the Media (L’impatto della società dell’informazione sui mass media)
Gabrielle Kreutzner

The Impact of ICTs on Democracy (L’impatto delle TIC sulla democrazia)
Pierre Chambat

Home ICTs and the Information Society (Le TIC in ambito domestico e la società dell’informazione)
Roger Siverstone & Leslie Haddon

Per ulteriori dettagli rivolgersi alla Commissione europea, DG V/B/4 - Rue Joseph II, 27, 1049 Bruxelles.

Allegato II

Elenco di documenti della Commissione Europa concernenti la società dell'informazione

L'Europa e la società dell'informazione planetaria

Raccomandazioni al Consiglio europeo, maggio 1994

CD-84-94-290-C

La via europea verso la società dell'informazione: Piano d'azione

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, e al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, 19 luglio 1994

COM(94) 347 def.

Verso la società dell'informazione

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni su una metodologia per la realizzazione delle applicazioni della società dell'informazione, 31 maggio 1995

COM(95) 224 def.

Reti per i cittadini e le loro comunità: Trarre i massimi vantaggi dalla società dell'informazione nell'Unione europea

Prima relazione annuale alla Commissione europea presentata dalla Tribuna per la società dell'informazione, giugno 1996

(CD-96-96-473-C)

Normalizzazione e società globale dell'informazione: L'approccio europeo

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, 24 luglio 1996

COM(96) 359 def.

Libro Verde "Vivere e lavorare nella società dell'informazione: Priorità alla dimensione umana", 24 luglio 1996

COM (96) 389 def.

La società dell'informazione: Da Corfù a Dublino: Le nuove priorità emergenti

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, 24 luglio 1996

COM(96) 395 def.

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale - La trasparenza normativa nel mercato interno dei servizi della società dell'informazione, 30 agosto 1996

COM(96) 392 def.

L'Europa in prima linea nella società dell'informazione globale: Piano d'azione evolutivo

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, 27 novembre 1996

COM(96) 607 def.

Proposta di decisione del Consiglio che adotta un programma comunitario pluriennale per incentivare la realizzazione della società dell'informazione in Europa, 12 dicembre1996

COM(96) 592 def.

Apprendere nella società dell'informazione: Piano d'azione per un'iniziativa europea nell'istruzione (1996-1998)

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni

COM(96) 471 def.

 

* E' possibile accedere a informazioni complete ed aggiornate sulle attività della Commissione europea in materia di società dell'informazione tramite il server ‘World Wide Web’ creato da ISPO, l'Ufficio per i progetti sulla società dell'informazione della Commissione (http://www.ispo.cec.be).