RECENSIONE PER ECONOMIA E LAVORO

 

Roberto Franzosi, The Puzzle of Strikes. Class and State Strategies in Postwar Italy, Cambridge University Press, Cambridge, 1995

 

 

Questo volume è un'atto di fiducia negli attrezzi teorici della ricerca sociale, ma anche un'esortazione a usarli senza paranoie metodologiche. L'Autore prende in considerazione cinque grandi teorie sugli scioperi: quella che lega le ondate di astensione dal lavoro ai cicli economici, ai livelli di impoverimento dei lavoratori,  alla capacità di mobilitazione delle organizzazioni sindacali, all'istituzionalizzazione delle relazioni industriali e, infine, la teoria dello scambio politico. Ognuna di queste, pur avendo l'ambizione di spiegare in maniera univoca perchè e in quali condizioni i lavoratori entrano in sciopero, ne fornisce un'interpretazione soltanto parziale.  Nessuna teoria, alla prova dei fatti, è in grado di di dar ragione completamente dell'andamento della conflittualità industriale nell'Italia del dopoguerra.  Per dimostrarlo, Franzosi fa interagire diversi approcci metodologici, utilizzando sino in fondo l'analisi statistica, quella storica, l'etnografia, le ricerche condotte su dati convenzionali e non convenzionali, come gli articoli di giornale.  In particolare, gli approcci marxisti e non marxisti alle teorie del conflitto vengono sezionate, discusse e ricomposte.  In tal modo in ogni capitolo i pezzi del mosaico vengono sistemati e poi, con un colpo di scena degno di un libro d'avventura, rimescolati mettendo in luce i limiti di quella spiegazione che sembrava così scientifica, così convincente, così coerente.   Il risultato di un approccio metodologico e teorico talmente eclettico non è, come si potrebbe pensare, la negazione delle teorie precedenti, ma la conferma inattesa che ognuna di queste funziona. Ciascuna contribuisce ad aggiungere qualche tessera al puzzle. La teoria del Business cycle spiega la ciclicità degli scioperi: all'aumentare della disoccupazione la frequenza diminuisce, anche se ne aumenta la durata. La teoria del Resource- mobilization funziona bene nel legare la riuscita delle azioni collettive con la disponibilità di risorse organizzative a disposizione della classe operaia. Le teorie della Institutionalization of collective bargaining è utile per interpretare i ritmi periodici della conflittualità, che appaiono indissolubilmente legati alle scadenze contrattuali.  Le teorie del Political exchange, infine, spiegano in maniera convincente la profonda modifica nelle forme degli scioperi, divenuti negli anni Settanta, in concomitanza con l'avvicinamento del Partito comunista all'area di governo, più brevi, meno frequenti, ma anche più imponenti.  La sfida cui si trova difronte lo scienziato sociale, quindi, non è quella di mettere l'una contro l'altra le varie teorie, ma bensì di combinarle in un quadro coerente: "i processi storici non si muovono in maniera additiva e lineare, le cause non vanno soltanto in una direzione, e non è possibile guardare al conflitto industriale come alla variabile dipendente e ai fattori economici, organizzativi, istituzionali e politici come a variabili indipendenti" (pag. 349).  Il conflitto produce a sua volta effetti sugli assetti precedenti, in quanto è la stessa lotta di classe che delinea la forma della classe e il suo divenire.  E così, dopo quasi 500 pagine di rigorose analisi scientifiche, 19 equazioni, 60 grafici, 91 tabelle e 35 pagine di citazioni, Franzosi giunge alla conclusione che il purismo metodologico, l'uso di tecniche di analisi sempre più sofisticate e di computer sempre più potenti è forse soltanto un modo degli scienziati sociali per nascondere le loro incertezze: "le predizioni basate sui nostri semplici modelli [semplici in confronto alla complessità della realtà- ndr] potrebbero rivelarsi poco più che futili esercizi. Si potrebbe, in verità, forse far di meglio scrutando una sfera di cristallo". (pag. 359)

 

(Patrizio Di Nicola)