LA SINDACALIZZAZIONE EXTRA-CONFEDERALE NEL
TERZIARIO
(Patrizio Di Nicola)
Gennaio 1991
1. PREMESSA
La sindacalizzazione
confederale interessava, nel 1989, circa il 33% dei lavoratori del terziario
pubblico ed il 25% di quelli del settore privato. Indici non altissimi, quindi, specialmente se confrontati con i
tassi di sindacalizzazione esistenti tra i lavoratori dipendenti dell'industria
e dell'agricoltura. E, perdipiù, in
continua discesa per tutto il decennio, come indica la tabella che segue. ([1])
Tabella
1: Tassi di sindacalizzazione nel terziario. (Valori percentuali)
------------------------------------------------------------
1980
1981 1982 1983
1984
TASSO
CGIL
------------------------------------------
SERVIZI
D.V. 14.61 14.16
13.70 13.30 12.59
SERVIZI
N.D.V. 14.36 14.12
14.22 14.00 13.73
SERVIZI
TOT. 14.49 14.14
13.94 13.62 13.11
TASSO
CISL
SERVIZI
D.V. 11.10 10.44
9.91 9.80 9.92
SERVIZI
N.D.V. 16.79 15.62
15.35 14.93 15.67
SERVIZI
TOT. 13.73 12.84
12.41 12.16 12.54
TASSO
UIL
SERVIZI
D.V. 6.09 6.09
5.97 5.95 5.79
SERVIZI
N.D.V. 7.42 7.44
7.43 7.36 7.19
SERVIZI
TOT. 6.71 6.71
6.64 6.60 6.43
TOTALE
CGIL+CISL+UIL
SERVIZI
D.V. 31.79 30.70
29.58 29.04 28.31
SERVIZI
N.D.V. 38.57 37.17
37.01 36.29 36.59
SERVIZI
TOT. 34.93 33.70
32.99 32.39 32.08
------------------------------------------------------------
Segue
Tabella 1
------------------------------------------------------------
1985 1986
1987 1988 1989
TASSO
CGIL
----------------------------------------
SERVIZI
D.V. 11.91 11.48
11.29 11.17 11.33
SERVIZI
N.D.V. 13.41 13.08
12.85 12.49 12.28
SERVIZI
TOT. 12.58 12.19
11.98 11.76 11.76
TASSO
CISL
SERVIZI
D.V. 8.94 8.59
8.62 8.78 8.57
SERVIZI
N.D.V. 14.39 14.06
13.91 14.21 13.94
SERVIZI
TOT. 11.38 11.02
10.98 11.20 10.96
TASSO
UIL
SERVIZI
D.V. 5.26 5.02
5.12 5.11 5.09
SERVIZI
N.D.V. 7.00 7.23
7.35 7.51 7.58
SERVIZI
TOT. 6.04 6.00
6.11 6.18 6.20
TOTALE
CGIL+CISL+UIL
SERVIZI
D.V. 26.10 25.09
25.03 25.06 24.99
SERVIZI
N.D.V. 34.80 34.36
34.10 34.21 33.81
SERVIZI
TOT. 30.00 29.21
29.07 29.14 28.92
------------------------------------------------------------
Fonte:
Nostra elaborazione su dati del tesseramento Cgil, Cisl, Uil ed
Istat-Contabilità Nazionale per quanto riguarda l'occupazione.
Legenda: ([2])
Servizi
d.v. : Servizi destinabili alla vendita.
Servizi
n.d.v: Servizi non destinabili alla vendita.
Ma il panorama sindacale
nei servizi, specialmente in quelli non destinabili alla vendita, è ben lungi
dall'essere completamente descritto dai soli dati relativi a Cgil, Cisl e
Uil. Nel terziario, infatti, è vasta e
radicata la presenza delle organizzazioni autonome e, negli anni più recenti,
(e soltanto in alcuni comparti) dei Comitati di Base.
Da un punto di vista
prettamente organizzativo, il mondo extra-confederale può essere idealmente
suddiviso in almeno tre grandi segmenti: le organizzazioni strutturate ([3]), i gruppi
professionali ([4]) ed,
infine, i cobas. Naturalmente la
divisione testè accennata non va intesa in termini rigidi, in quanto molti
sindacati professionali sono anche strutturati e, viceversa, alcuni sindacati
autonomi "classici" e vari cobas portano avanti rivendicazioni
proprie dei "professionals".
Ciò che distingue fortemente le varie tipologie organizzative è il peso
che queste attribuiscono ai legami di militanza e di associazione dei
lavoratori, rendendo il solo criterio delle "tessere" (laddove queste
esistono) assolutamente insufficiente a quantificare la rappresentatività
dell'arcipelago autonomo ([5]). Diviene così giocoforza basarsi anche su
altri indicatori, quali i risultati ottenuti in alcuni importanti tests
elettorali svoltisi tra i lavoratori e le adesioni ai momenti di lotta. Quest'ultimo dato, per inciso, sembra quello
più idoneo a stimare il seguito dei cobas, vera "ala movimentista"
degli extra-confederali che, proprio nella mobilitazione dei lavoratori,
trovano la loro forza aggregante. Riuscendo ad attrarre, verosimilmente, anche
lavoratori che formalmente aderiscono ad un sindacato
"storico". ([6])
2. LA RAPPRESENTATIVITA'
FORMALE...
Nel 1987, secondo una
stima de "Il Mondo" ([7]) le
organizzazioni autonome vantavano oltre 4.600.000 tesserati. Nello stesso anno
gli aderenti ai sindacati confederali furono (inclusi i pensionati) circa il
doppio. Una adesione su tre, quindi,
era andata ad una qualche formazione autonoma.
Le organizzazioni maggiormente rappresentative, quelle organizzate in
confederazioni di più sindacati, erano
la Cisal (1.871.000 iscritti), con punti di forza nella sanità e
negli enti locali ed una discreta presenza dichiarata tra i lavoratori
dell'industria e tra i pensionati ([8]); la Confail
(990.000 aderenti); la Confsal che, con oltre 719.000 tesserati, ha il
proprio "centro" nello Snals, il sindacato degli insegnanti. Non
vanno inoltre dimenticate la Cisas e l'Usspi, presenti anch'esse
principalmente nel pubblico impiego, tra le categorie tecniche e le elevate
professionalità. Un maggior dettaglio
del tesseramento autonomo è riportato nella tabella 2 che segue.
Tabella 2. Il tesseramento
autonomo nel 1987
CISAL 1871000
di cui:
Industria 219000
Pesca 5800
Pensionati 234000
Ferrovieri 20000
Sanità e medici 128000
Credito 55000
Commercio e pub. es 52000
Enti locali 106000
CISAS 810000
di cui:
Disoccupati 72000
Sanità 180000
Enti locali 97000
Autoferrotranvieri 27000
CONFAIL 990000
di cui:
Trasporti 80000
Enti locali 30000
CONFSAL 719500
di cui:
Scuola 190000
Statali 55000
Enti locali 35000
Pensionati 75000
Università 11000
Medici 65000
USPPI 125000
di cui:
Enti locali 70000
Tecnici stato 30000
Scuola e ricerca 10000
Segue Tabella 2
Altri 114120
di cui:
Piloti, ass.volo, ecc. 2620
Scuola (Fis) 35000
Credito (Falcri) 20000
Rai (Snater) 8000
Avvocati e Medici 15000
Fonte: "Il Mondo", 8
giugno 1987
I numeri esposti sono senza
dubbio imponenti; considerando che quasi tutta la sindacalizzazione autonoma si
sviluppa all'interno del pubblico impiego, la percentuale di sindacalizzati in questo settore diviene
così superiore al 70% . Quota, per di più, suddivisa su oltre 280 tra sindacati
e federazioni di categoria, alcuni di grandi dimensioni, la maggior parte
piccoli o piccolissimi, radicati soltanto in alcune realtà locali e lavorative.
3. ...E QUELLA DI FATTO
Il fenomeno della estrema
segmentazione della rappresentatività autonoma nel pubblico impiego è
confermata anche dai risultati ottenuti dalle varie sigle sindacali in
occasione del rinnovo dei consigli di amministrazione dei Ministeri, svoltosi
nel novembre 1988. Al di là delle "performances" complessive dei
sindacati maggiori (e che vedono, per inciso, un leggero calo della Cgil, la
sostanziale stabilità di Cisl e Uil ed una discreta affermazione di alcune
organizzazioni autonome), il fenomeno maggiormente degno di nota sembra essere
la variabilità dei voti guadagnati dalle liste che nella tabella 3 sono
raggruppate sotto la voce "Altri".
Tabella 3. Elezione dei Consigli di Amministrazione
dei Ministeri
Anni 1984-1988 (valori percentuali)
Cgil Cisl Uil Cisnal Dirstat Cisal Unsa Altri
1984 23.2 30.4 17.5 3 5.7 0.3
10.9 9
1988 21.4 30.2 17.6 2.6 4.1 2
13.5 8.6
Diff. -1.8 -0.2 0.1
-0.4 -1.6 1.7 2.6
-0.4
Fonte: "Rapporto CESOS
1988-89"
Tali liste, molte volte
etichettabili come cobas, pur calando nel complesso, ottengono, rispetto alla
precedente tornata elettorale, alcune affermazioni degne di nota. Come nel
ministero dell'agricoltura, ove conquistano il 34,2% dei voti, alla sanità
(26,2%), al dicastero di grazia e giustizia (15,5%), alla direzione del traffico
aereo civile (22,5%), tra gli addetti del corpo forestale dello stato, ove una
neonata formazione autonoma conquista la maggioranza assoluta dei voti (55,6%).
In tutte le realtà citate tali formazioni erano assenti nel 1984; nel 1988 la
loro presenza ha completamente rivoluzionato la composizione dei consigli di
amministrazione.
Ai fini della
determinazione della rappresentatività "di fatto" delle formazioni
extra-confederali è importante l'analisi di ciò che è accaduto in due categorie
(gli insegnanti ed i macchinisti delle FFSS) le quali sono state più volte al
centro della cronaca sindacale degli ultimi anni, grazie anche ad un accorto
utilizzo di alcuni strumenti tipici dello "sciopero terziarizzato" ([9]). Le
lunghe lotte condotte dai Cobas degli insegnanti ([10]), a cui
si sono "aggregati" anche i sindacati autonomi della pubblica
istruzione, hanno avuto un risvolto immediatamente quantificabile. Infatti, nel
1989 si sono svolte le elezioni del Consiglio Nazionale della Pubblica
Istruzione. Scadenza particolarmente importante, in quanto coinvolge l'intero
corpo docente ed ausiliario (oltre 1.180.000 lavoratori). I risultati ottenuti
complessivamente ed in alcune componenti sono riportati nella tabella 4 che segue.
Come si vede, la
consultazione esprime chiaramente l'esistenza di un malessere diffuso da parte
del corpo insegnante. Ne sono
indicatori chiari sia l'aumento dell'astensionismo che il calo delle formazioni
sindacali storiche e la conseguente affermazione dei cobas. Per quanto riguarda
il primo aspetto va notato che la partecipazione alle elezioni del 1989 si
abbassa complessivamente di 6,2 punti percentuali rispetto alla precedente
votazione. Il "record" delle astensioni va ai docenti di scuola media
superiore (166.139 votanti su 253.631 aventi diritto). Sembra difficile attribuire tale risultato
al caso: è infatti questo il segmento della scuola ove nacquero, nell'autunno
del 1986, i cobas. ([11]) E
proprio qui mantengono la loro roccaforte, divenendo, assieme alla
"frazione borghese" del movimento, la Gilda, la seconda componente in
ordine di importanza con oltre il 17 % dei voti.
Di pari passo con
l'affermazione dei cobas va, come detto, il calo delle formazioni confederali
(-5,9 % per le tre sigle) ed autonome (-4,7% sommando i risultati di Snals,
Uciim, Cisnal e dei sindacati autonomi minori). Particolarmente penalizzata
sembra essere la Cgil, la quale perde globalmente oltre 37.000 voti, con picchi
negativi tra il personale ausiliario e tecnico e tra i professori della scuola
secondaria.
Più difficile è, in
assenza di dati certi, la quantificazione della consistenza del Cobas dei
macchinisti. Tale formazione, nata
all'interno di una categoria in cui la predominanza della Cgil era indiscussa,
vede quale elemento aggregante la rivista politico-sindacale "Ancora in
marcia". Ed è proprio la genesi del giornale a segnare le tappe del
malessere dei macchinisti. Nato nel 1908 con il titolo "In marcia",
chiuso dal fascismo nel 1940, riaperto dopo la liberazione, nel 1964 vantava
14.000 abbonati tra i circa 18.000 macchinisti allora in servizio. Nel 1979, al
momento della fusione dello Sfi e delle altre sigle del settore nel sindacato
dei lavoratori dei trasporti (Filt-Cgil), il giornale viene chiuso
definitivamente. Commenta Ezio Gallori, leader del Comu: "Il giornale era
pagato dai macchinisti ed il sindacato lo chiuse. Ci trovammo così nello
sfascio più completo, perchè per noi non avere uno strumento nazionale, che ci
collega da Trieste a Palermo, significa lo sfascio organizzativo." ([12]) Con la
rinascita della testata, avvenuta a Firenze nel 1982 in modo autogestito e con
un nuovo titolo, si gettano le basi per la creazione del cobas dei macchinisti.
Il mensile diviene in breve tempo il centro organizzativo del movimento,
l'arena del dibattito, lo strumento di collegamento tra i diversi
compartimenti. Attualmente, con oltre 10.000 abbonati, è considerabile l'organo
ufficiale del Comu ed anche, ai nostri scopi, un indicatore privilegiato del
suo seguito nella categoria, che conta circa 20.000 lavoratori. Ma un seguito
del 50% è probabilmente ancora sottostimato: se si considerano i dati sulle
adesioni agli scioperi organizzati dal coordinamento dei macchinisti, si giunge
facilmente al 70-80 per cento. Quota che sembra poi indirettamente confermata
dalla partecipazione dei lavoratori alle elezioni dei rappresentanti del Comu
nei vari compartimenti FS (si veda la tabella 5) ([13]).
Tabella 5: Elezione dei
rappresentanti Comu. 1989-90
Compartimento
Macchinisti Percentuale
votanti su presenti
Roma S.Lorenzo 499 56
Roma Smistamento 392
57
Firenze 584 72
Taranto 232 76
Cosenza 106 87
Ancona -- 79
Genova Brignole -- 62
Cassino -- 74
Milano -- 59
Sulmona -- 66
Paola -- 87
Napoli Cfl 167 80
Modica 56 82
Fonte: vedere nota (10)
4. CONCLUSIONI
L'universo extra-confederale,
di cui si è qui tentata la quantificazione, rappresenta idealmente circa un
terzo della sindacalizzazione totale, interessando almeno il 20 per cento dei
lavoratori italiani. E' concentrata specialmente nella pubblica amministrazione
che sembra, con le sue irrazionalità gestionali e la sua schizofrenica politica
del personale improntata a criteri di ottenimento del consenso anzichè secondo
logiche di efficienza, poter agire da elemento moltiplicativo della protesta. Su questa linea interpretativa si pone gran
parte della ricerca sociologica, laddove avverte che "quel contesto di
pluralismo senza mercato del datore di lavoro incide anche sulla logica di
comportamento dei lavoratori, nel senso di favorire la manifestazione di
rivendicazioni particolaristiche e l'esplosione di fenomeni di free-riding".
([14]) Ciò,
unitamente alla oggettiva vulnerabilità e precarietà di molti servizi pubblici,
sembra indicare una difficile strada da percorrere per il recupero dei
lavoratori alla linea sindacale confederale. Infatti, se il sindacato
confederale deve risolvere complessi problemi di democrazia interna (ed un
vasto dibattito è avviato su questo fronte), la controparte pubblica deve
essere spinta ad assolvere alla sua funzione di datore di lavoro coerente in un
contesto di moderne relazioni sindacali.
Senza dimenticare, purtuttavia, che in una società democratica "il
conflitto pluralistico degli interessi, anche nelle sue forme più virulente, è
pienamente legittimo" ([15])
[1]) Per un
approfondimento sull'argomento si rimanda a: P. Di Nicola, "I lavoratori
del terziario: la sindacalizzazione", in AA.VV, Terziario. Lavoratori,
lavoratrici, sindacato, contratti, Roma, Ediesse, 1990.
[2]) Le
classificazioni adottate per l'identificazione dei settori produttivi sono
quelle attualmente in uso presso l'Istituto Centrale di Statistica. (Istat, Classificazione
delle attività economiche, Collana metodi e norme, serie C, n.8, Roma,
1981)
[3]) Con
tale termine si intendono i sindacati veri e propri, dotati di un apparato
stabile, spesse volte riuniti in forma confederale.
[4]) Esempi
tipici di gruppi professionali sono le organizzazioni dei piloti di linea, che
contano oltre 1500 aderenti; un numero enorme, specialmente se si considera lo
scarsissimo seguito, in questo settore, dei sindacati confederali.
[5])
Conclusione questa cui perviene anche M. Carrieri, secondo il quale i dati del
tesseramento autonomo, "per eccesso o per difetto non interpretano la
reale entità di queste organizzazioni" (M. Carrieri, "I sindacati non
confederali", in CESOS, Le relazioni sindacali in Italia. Rapporto
1988/89, Ed. Lavoro, Roma, 1990).
[6]) Solo
un esempio: all'inizio dell'anno in corso uno dei cobas più antichi, il COMU
(Coordinamento Macchinisti Uniti) ha iniziato una campagna di tesseramento.
L'esigenza di "contarsi" nasce come riflesso dell'avvenuto
riconoscimento quale soggetto contrattuale da parte dell'Azienda FF.SS, per
l'ottenimento dei permessi sindacali retribuiti e dei distacchi. Delega al COMU
e disdetta della delega a favore di un altro sindacato non sono però
necessariamente un obbligo del lavoratore, come mette ben in risalto il
giornale del cobas dei macchinisti: "A chi ci chiede se nel prendere
questa tessera deve procedere alla disdetta del proprio sindacato noi non
possiamo dare una risposta ben definita in quanto per sé l'adesione al Comu non
è antagonista a iscrizioni agli altri sindacati e non possiamo che lasciare
alla volontà di ciascuno questo atto." ("Tesseramento COMU e disdette
sindacali", in Ancora in marcia, Anno 9, n. 6, giugno 1990.)
[7]) A.
Calabrò, "Chi spacca l'Italia", Il Mondo, 8 giugno 1987.
[8]) Anche
se, da altra fonte, non risulta che l'INPS, nel 1987, avesse in pagamento un
alto numero di deleghe a favore della Cisal. (Spi-Cgil Ufficio Organizzazione, Il
tesseramento allo Spi-Cgil nei 40 anni della sua storia, Ciclostilato
distribuito al XII Congresso dello Spi, Rimini, 11-15 maggio 1988).
[9]) A.
Accornero, "Conflitto, 'terziario' e terzi", Giornale di diritto del lavoro e di
relazioni industriali, n. 25, 1985.
[10]) Lotte
lunghe ma non particolarmente costose: è noto infatti che, fino a che il
Governo non ha emanato la direttiva sui "collegi imperfetti" (giugno
1987), per attuare il blocco degli scrutini bastava l'assenza a rotazione di un
solo commissario. Il che non toglie che la capacità aggregante dei Cobas ne è
uscita rafforzata: l'adesione degli insegnanti a tale forma di lotta "a
scacchiera", la quale implica una notevole capacità di coordinamento della
protesta, fu infatti larghissima.
[11])
Secondo un osservatore attento del movimento la data che segna l'inizio del
fenomeno cobas nella scuola è il 16 maggio 1986, allorquando il Prof. Giancarlo
Lehner, docente del liceo romano "Virgilio", invia ai colleghi una
lettera aperta sui malesseri della categoria. (E. Lombardi, COBAS, una spina
nel fianco, Sovera Multimedia, Roma, 1989, pag. 159 e segg.)
[12]) R.
Armeni, Gli extraconfederali, Ed. Lavoro, Roma, 1988, pag. 91 (brano
tratto dall'intervista ad Ezio Gallori).
[13]) La
tabella 5 è stata costruita sulla scorta dei dati diffusi dal Comu nei numeri
di febbraio, aprile/maggio e giugno 1990 della rivista "Ancora in
marcia". Le percentuali, seppur indicative, sembrano attendibili ed in
linea con le quote di adesione agli scioperi nelle aree geografiche elencate.
[14]) L.
Bordogna, "Il pubblico impiego alimenta i cobas", in Lavoro 80,
Quaderno n. 8, 1989, pag. 70
[15]) M.
Carrieri, C. Donolo, "L'incerta rappresentanza", in Lavoro 80,
cit., pag. 38